2015-06-23 13:30:00

Mons. Nosiglia: Francesco a Torino, un'epopea di popolo


Papa Francesco ha concluso ieri la sua visita a Torino. Due giorni molto intensi, pieni di incontri e parole forti. Per un bilancio di questo viaggio, il nostro inviato Amedeo Lomonaco ha intervistato l’arcivescovo della città, mons. Cesare Nosiglia:

R. – Più volte il Papa ha parlato del popolo, del Popolo di Dio, ma anche del popolo intendendo la gente, la gente di tutti i giorni. Questa visita è stata veramente un’epopea di popolo! C’è stato un continuo avere attorno gente: da Caselle fino a tutto Torino, 18-20 chilometri: una cosa che io non mi sarei mai immaginato. Mi ha anche commosso! E poi l’entusiasmo di questi bambini,  giovani, adulti, famiglie; ma anche musulmani, perché siamo passati in un quartiere dove ci sono anche tanti extracomunitari. Tutti a salutare Papa Francesco, a gridargli: “Ti vogliamo bene!”; “Continua così”; “Ti stiamo vicino”; “Preghiamo per te”; “Dacci la tua benedizione”… Insomma tante espressioni forti di significato, di affetto. Veramente i torinesi si sono proprio rivelati … per me che sono 4-5 anni che sono qui: come piemontesi siamo un po’ riservati. Stavolta invece ho detto: “Ma qui mi sembra di essere quasi nel Meridione d’Italia!”. Secondo me c’è quell’affetto profondo nel vedere Papa Francesco come un segno di Dio, un segno di speranza in questo momento così difficile, anche faticoso per la nostra terra. E’ una persona che ti sa veramente incoraggiare. Come ha detto agli operai: “Coraggio! Non aspettiamo che la crisi passi… Diamoci da fare, mettiamoci insieme, facciamo un patto intergenerazionale. Non lasciamo i giovani fuori!”… Sono tante indicazioni, anche forti. E poi sul lavoro della donna, per esempio, che non deve essere discriminata. Quindi tutti questi aspetti, ma poi soprattutto con i giovani. Direi che il tripudio più grande è stato proprio il momento dei giovani, quando ha parlato a braccio, in una maniera veramente amicale. Li ha colpiti al cuore, con tante espressioni come sa fare lui, ma anche con qualcosa di molto concreto e di molto impegnativo. Certe espressioni che ha avuto; certi inviti che sono veramente controcorrente - come ha detto – di una cultura moderna che i giovani seguono perché affascinati da questo senso di libertarismo, di individualismo, di ricerca solo del piacere, dell’esteriorità.. Li ha veramente invitati a volare alto! E penso che questo sia il messaggio più forte che ha colpito i giovani, perché sono abituati a messaggi molto mediocri: o di paternalismo “Dai, avete ragione… Fate, divertitevi!”; oppure di abbandono, di disimpegno, senza lavoro, senza futuro… Il Papa li ha veramente interpretati. Le loro domande sono state domande concrete e lui è sceso nella concretezza della loro vita. C’è stata da parte dei giovani una risposta veramente entusiastica ed eccezionale.

D. – Messaggi molto pratici, molto concreti. Come ha detto incontrando anche i Salesiani: “Serve un’educazione a misura di crisi”. Quindi serve una educazione per affrontare l’emergenza, imparare un mestiere pratico, anche in poco tempo…

R. – Perché lui giustamente – anche lì, tra l’altro, è andato a braccio, perché i discorsi scritti quando si trova di fronte a certe situazioni, il Papa parla col cuore – ha detto che come don Bosco è stato antesignano, anche per i giovani, perché li ha veramente educati e formati non solo a giocare, non solo a stare insieme, ma ha dato loro anche un’educazione sul lavoro, dicendo cosa dovessero fare per conquistarsi anche questo tipo di impegno nella società, rendendoli quindi protagonisti; così oggi è la stagione, una stagione di crisi, in cui i salesiani in particolare, ma tutta la Chiesa, devono sentirsi in prima linea per recuperare questo discorso forte con i giovani, che non punta solo a dare delle promesse, ma delle concrete realizzazioni di qualcosa che loro stessi – insieme ovviamente agli adulti – possano fare. Quindi traguardi possibili: la concretezza.

D. – L’immagine che resta tra le tante di questa visita apostolica è soprattutto quella degli incontri del Papa con gli ultimi, con i poveri, con gli immigrati… Un’attenzione particolare…

R. – Quello è stato veramente uno dei momenti più toccanti. Al Cottolengo ha voluto salutare uno ad uno tutti i malati, con abbracci, benedizioni, con un parlare ed un ascoltare anche le loro pene, le loro difficoltà… Tanti bambini, anche tanti ragazzi, giovani e adulti, i malati di Sla… Sono situazioni molto, molto difficili. E poi il pranzo che abbiamo fatto con i ragazzi del Ferrante Aporti, che sono detenuti, con i senza dimora, con gli immigrati, con i rom: è stato un dialogo veramente bello, in cui si sono aperti, come fossero davanti ad una persona cara, con la quale ti confidi, con la quale sai che ti puoi confidare, dirgli tutto, ottenendo anche qualcosa, ma non qualcosa di materiale, qualcosa che ti dia fiducia, ti dia speranza nella tua difficoltà.

D. – Il dialogo più toccante è stato senza parole, quello del Santo Padre che ha pregato davanti alla Sindone…

R. – Questo ha colpito molto! Siamo abituati – anche lì – a trasformare la preghiera in parole, parole, parole… Invece la preghiera più importante è il silenzio, la contemplazione, perché ti metti davanti al Mistero di Dio. Però non è un silenzio vuoto, è un silenzio carico, carico di valori positivi, che ti fanno recuperare le tue energie interiori. Questo silenzio e questa preghiera davanti alla Sindone, che abbiamo fatto insieme; e poi quel gesto bellissimo, quando è andato con una mano a toccare il Telo… Mi sono ricordato di quello che aveva scritto nel messaggio di due anni fa per l’Ostensione televisiva della Sindone, in cui diceva che “il Volto sindonico ci guarda”. Ci guarda perché è “la tenerezza di Dio”. Eppure – dice – “sono quelle piaghe che hanno portato questa tenerezza di Dio”. Forse va capito e va compreso il mistero di questo amore più grande. Vedere lui che, con tenerezza, tocca questo Telo, è veramente l’incontro tra la tenerezza di Dio e la tenerezza dell’uomo, che devono incontrarsi per trovare veramente qualcosa di pacificazione interiore, di forza, di speranza, di fiducia. Ti dà carica per il tuo presente, in qualche modo accarezza le tue piaghe, te le fa guarire con la forza della fede e della speranza cristiana.








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