2015-06-24 16:00:00

Filiera Sporca: campagna contro lo sfruttamento in agricoltura


Presentati oggi a Roma il rapporto e la campagna "Filiera sporca. Gli invisibili dell'arancia e lo sfruttamento nell'anno di Expo", un'iniziativa curata da Terra! Onlus, Associazione antimafie daSud e Terrelibere. L'operazione vuole mettere in luce gli aspetti sommersi di una filiera che, a volte, anche a causa della burocratizzazione, nasconde sfruttamento e altri tratti di illegalità. Eugenio Murrali ha intervistato Fabio Ciconte, presidente di Terra!Onlus:

R. – La campagna “Filiera sporca” nasce con l’idea di ricostruire la filiera dell’agroalimentare, perché in essa si annida spesso lo sfruttamento del lavoro in agricoltura. Noi siamo stati abituati, in questi anni, a guardare le inchieste giornalistiche, in cui abbiamo visto l’orrore dei campi, dove i migranti, addirittura bambini, vengono sfruttati, schiavizzati in alcuni casi, ma non abbiamo mai visto cosa veniva prodotto in quei campi. L’idea che ci siamo fatti è che forse andava ricostruita tutta la filiera, per far capire che quel lavoro sfruttato genera prodotti che arrivano sui banchi dei supermercati. E ci siamo fatti la domanda: ma i consumatori sono disposti a mangiare prodotti che vengono dallo sfruttamento del lavoro? La risposta che noi ci siamo dati è: no. E lo dimostra per esempio il sondaggio recentemente fatto dal Ministero delle politiche agricole, secondo cui il 71% dei cittadini vorrebbe, per esempio, un’etichetta trasparente per ragioni etiche. Partendo da questo presupposto abbiamo ricostruito la filiera dell’arancia – che è molto esemplificativa del sistema agroalimentare – e abbiamo capito che, su questo fronte, c’è molto da fare, perché è una filiera troppo lunga, con tanti passaggi, spesso opachi, oscuri, dove si nasconde la criminalità organizzata, lo sfruttamento del lavoro… La cosa più incredibile è che stiamo parlando di un prodotto, l’arancia, che dall’albero viene raccolta e arriva così com’è sul bancone del supermercato, quindi non di un prodotto che ha lunghi processi di trasformazione, di pulitura… In questo senso noi pensiamo che, per fare in modo che questa filiera possa diventare trasparente e quindi possa ridurre al minimo lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, il primo passo da fare sia una etichettatura trasparente. Prima proposta: rendiamo pubblici gli elenchi dei fornitori lungo tutta la filiera.

D.  – Spesso oggi c’è questo fraintendimento: alcuni pensano che i migranti vengano a depredare le nostre risorse e invece in Italia c’è chi ne fa degli schiavi…

R.  – Ne fa degli schiavi e c’è anche un altro tema. Infatti, questo sfruttamento non guarda in faccia a nessuno, perché non guarda in faccia ai migranti che sono le vittime principali. Ma ci sono anche persone che vengono dai Paesi dell’aerea europea, penso ai Paesi dell’Est – sono di qualche settimana fa gli scandali sulle donne rumene violentate nei campi del catanese – e ci sono anche gli italiani, perché quando una persona viene espulsa dal mercato del lavoro evidentemente ritorna anche a fare quel lavoro che fino a ora ci siamo raccontati, che non voleva più fare nessuno e invece probabilmente questa cosa non è vera. Quindi questo è un problema molto più vasto.

D. – A cosa sono costretti questi invisibili dell’arancia?

R. – Intanto sono costretti a paghe da fame. Sono costretti a vivere in condizioni al limite della dignità umana e quindi in tendopoli, in case diroccate e abbandonate, a vivere senza servizi igienici. Ma tutto ciò è figlio della cultura dell’emergenza. Noi, in questo rapporto “Filiera sporca”, testimoniamo due elementi. Il primo è che fino a quando continueremo a ragionare con la logica dell’emergenza, evidentemente la tratteremo come tale, per cui avrà senso la tendopoli di emergenza, avrà senso avere misure che sono tutte legate a quel momento preciso, al momento della raccolta. Il secondo elemento è il fatto che, per quanto ci riguarda, non sono loro gli invisibili, perché ormai di questi migranti che lavorano nei campi conosciamo tutto: nome, cognome, indirizzo, provenienza, le storie. Quello che non conosciamo e che abbiamo ricostruito in questo rapporto è invece chi sono i veri invisibili, perché parliamo dei grandi commercianti, del ritorno dei latifondisti delle terre che hanno immense distese di aranceti lungo la piana di Gioia Tauro e in Sicilia e che gestiscono questo potere e per farlo si nutrono anche dello sfruttamento, quindi si interfacciano con i caporali… Davvero invisibile è tutto quello che sta oltre il campo, quindi lungo la filiera, non i migranti.








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