2015-06-25 14:29:00

Nato e Usa: nuove forze militari ai confini con la Russia, sale tensione


Gli Stati Uniti posizioneranno 250 carri armati, veicoli e altri equipaggiamenti militari nei Paesi del Centro e dell'Est Europa. La decisione sembra essere una risposta ai nuovi 40 missili balistici annunciati da Putin pochi giorni fa. La scelta degli Usa è stata preceduta da una dichiarazione del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, che ha parlato di un incremento di 30-40 mila uomini per la sicurezza dei Paesi al confine con la Russia, in particolare i Paesi Baltici. Mosca definisce questo aumento delle forze in campo come "l'atto più aggressivo da parte degli Usa dalla fine della Guerra Fredda". Siamo di fronte a una inquietante corsa al riarmo? Eugenio Murrali lo ha chiesto ad Alessandro Marrone, esperto di geopolitica dell'Istituto affari istituzionali:

R. – C’è sicuramente un rafforzamento dei dispositivi militari di Nato e Russia. La Russia aumenta le spese nella difesa da ormai quasi un decennio e, dopo la crisi in Ucraina, alcuni Paesi – specie dell’Europa orientale e la Nato – stanno investendo di più. Per gli Stati Uniti non è tanto un fatto di quantità di spesa per la difesa, che è già alta, ma di dove posizionare i propri assetti militari: se nel Pacifico oppure in Europa Orientale. E poi la questione è se investire in sistemi tecnologicamente avanzati e a lunga gittata, come i missili in grado di colpire il territorio russo. Dalle parole si rischia di passare ai fatti. Se i toni si irrigidiscono, se la diffidenza reciproca aumenta, se la percezione di una minaccia della Russia da parte della Nato e dei Paesi Nato da parte della Russia cresce, questi sono fattori immateriali, che favoriscono decisioni molto materiali, come il dispiegamento dei missili a lunga gittata russi o americani nel territorio europeo.

D. – L’Europa che ruolo sta giocando, se è in grado di giocare davvero un ruolo, in questa situazione?

R. – L’Europa ha giocato un ruolo, non si può dire che a causa della sua dipendenza energetica o altro sia rimasta bloccata. Ha giocato un ruolo con le sanzioni economiche adottate dall’Ue e con il negoziato di Minsk condotto da Francia e Germania. Certo, si può dire che all’inizio l’Unione Europea ha sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare nel 2013 – e in parte anche nel 2014. Perché in primo luogo ha condotto un negoziato con l’Ucraina per l’area di libero scambio senza capirne le implicazioni geopolitiche e senza mettere in conto la reazione di Mosca – come se fosse un fatto burocratico, come se fosse un trattato di libero scambio con la Bosnia e non con un Paese di 40 milioni di abitanti che si trova nel cuore dello spazio russo. Poi l’Europa ha gestito con estrema superficialità la crisi in Ucraina tra le fazioni filo-occidentali e quelle filo-russe, si è fatta cogliere impreparata sulla Crimea e poi sul Donetsk e non ha coinvolto le istituzioni che l’Unione Europea ha per la politica estera di difesa. È grave che al negoziato di Minsk abbiano partecipato il presidente della Repubblica francese e la cancelliera tedesca e non ci sia stato un rappresentante delle istituzioni europee che poi – come Consiglio e come Unione Europea nel suo complesso  – sono quelle che hanno deciso le sanzioni.

D. – Ma non è in realtà uno scontro ancora una volta tra Russia e Stati Uniti?

R. – No, non è solo questo. I rapporti tra Russia e Occidente si sono deteriorati negli anni per vari motivi, ma la causa di questa crisi è la collocazione geopolitica dell’Ucraina: il fatto che l’Unione Europea ha negoziato un accordo di libero scambio – con fortissime implicazioni economiche, sociali, politiche per un Paese che la Russia sente in modo particolare – senza coglierne le implicazioni. E' stato poi ventilato un ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea o nella Nato e queste sono cose inaccettabili per la Russia. La crisi non è iniziata a Washington, è iniziata tra Bruxelles e Kiev.

D. – Quale potrebbe essere la soluzione?

R. – Il problema non è Donetsk o il Donbass o le fazioni che ora si scontrano in Ucraina orientale, il problema è un’architettura di sicurezza regionale in Europa che sia accettabile anche per la Russia. Quindi il punto è promuovere un negoziato politico ad alto livello, come si è avuto con l’Iran. Quindi un negoziato in cui ci siano i vertici russi, i principali Paesi occidentali, il segretario generale della Nato e in cui ci sia l’Alto rappresentante dell’Unione Europea. Un tavolo di alto livello che non discuta solo il cessate il fuoco in Ucraina, ma discuta, ad esempio, il fatto che l’Ucraina non possa, non debba entrare né nella Nato né nell’Unione Europea, perché non è nell’interesse di nessuno a partire dagli ucraini. Bisogna poi discutere del rispetto dei trattati sulle armi convenzionali e nucleari in Europa, del fatto che l'accordo di libero scambio dell’Ue con l’Ucraina deve essere compatibile con quello dell’Ucraina con l’Unione euroasiatica di Mosca. Il problema è regionale, di conseguenza, per avviare questo negoziato, l’Occidente dovrebbe dotarsi di una strategia verso la Russia che, al di là della condanna di quanto successo, punti a rendere non conveniente per Mosca un altro atto di forza, un’altra violazione del diritto internazionale, un’escalation, e renda invece conveniente raggiungere un accordo con l’Occidente. Si tratterebbe di un negoziato estremamente realista. In questo negoziato c’è il fatto che le capacità militari Nato devono essere adeguate, pronte all’uso per assicurare Paesi membri e che l'Alleanza faccia da deterrente verso un eventuale atto aggressivo da parte della Federazione russa. Ma questa deve essere parte della strategia, non solo questo, altrimenti si ha semplicemente una corsa al riarmo.

   








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