2015-06-27 13:35:00

Bruxelles decide sulla Grecia dopo l'annuncio del referendum


E’ in corso in queste ore a Bruxelles una riunione dell’Eurogruppo, definita “cruciale” per le sorti della Grecia in Europa. Da definire l’estensione del piano d’aiuti dopo che ieri sera, a sorpresa, il premier Tsipras ha annunciato che sottoporrà ogni eventuale accordo a un referendum popolare, che si terrà il prossimo 5 luglio. Sulle ragioni che hanno portato a questa scelta, Michele Raviart ha intervistato il professor Carlo Altomonte, docente di Politiche economiche all’università Bocconi di Milano:

R. – Tsipras era un po’ preso tra due fuochi, perché sostanzialmente un accordo troppo soffice che avesse avuto il “placet” dei creditori non sarebbe stato recepito in parlamento, e un accordo troppo duro recepito dal parlamento non sarebbe stato approvato dai creditori. Preso tra due fuochi, ha fatto forse l’unica cosa – dal suo punto di vista – possibile e cioè lasciare la parola ai cittadini e consentire loro di esprimersi. Scelta, ovviamente, rischiosa.

D. – Qualora passassero le ragioni del “no”, quale futuro si prospetta per la Grecia?

R. – Temo che da lunedì – si è già visto oggi – i cittadini greci, nell’incertezza, andranno a ritirare i propri depositi dalle banche. A questo punto bisognava bloccare l’accesso ai conti correnti, bisognerà in qualche modo introdurre controlli sui movimenti di capitale e da qui al 5 luglio, secondo me, la Grecia vedrà già che cosa si prospetta nel caso in cui si votasse “no”: cioè un "default" e poi da lì tutta una serie di conseguenze legate al funzionamento delle banche.

D. – Ci sono dei precedenti a livello europeo o internazionali di politiche economiche decise per via referendaria?

R. – Nella storia recente no, perché il referendum del 2011, che gli stessi greci volevano tenere con Papandreu, dopo tre giorni è stato ritirato proprio per evitare questa situazione delicata sui depositi bancari. Non è ovviamente escluso. Lo strumento referendario poi, in passato, è anche sempre stato anche utilizzato per decidere in questioni economiche: pensiamo in Svizzera, per esempio sulla destinazione dell’oro della Banca Centrale svizzera. Però, queste sono sicuramente situazioni molto diverse.

D. – E’ legittimo che la politica demandi al popolo di esprimere pareri su delle scelte economiche?

R. – In ultima analisi, comunque sarebbe stato demandato al popolo, perché nel momento in cui Tsipras sa che probabilmente non avrebbe avuto sostegno nel parlamento greco, che rappresenta il popolo, sul pacchetto di aiuti, non sta facendo altro che anticipare sostanzialmente la crisi di governo che sarebbe arrivata dall’accettazione del programma di aiuti e quindi verosimilmente nuove elezioni. Dal punto di vista politico, la mossa di Tsipras ovviamente ha senso: è che temo non sia stata concordata con gli altri partner e quindi questo probabilmente è stato visto non benissimo. Bisogna capire che cosa verrà detto ai cittadini greci, in che misura verranno informati in maniera non demagogica della reale portata della situazione. Anche se, ripeto, probabilmente i mercati glielo faranno capire già questa settimana.

D. – Perché il piano dei creditori, che ieri era stato definito come una grande concessione fatta alla Grecia, è giudicato ancora inaccettabile?

R. – Da un punto di vista tecnico, la distanza economica che separa le proposte greche da quelle europee è di pochi miliardi di euro, quindi poca roba. Però, la natura delle misure è diversa. Le istituzioni vogliono più riforme sostenibili nel lungo periodo, quindi più tagli alla spesa, più riforma delle pensioni, più riforma dell’Iva. La Grecia in questo momento è piuttosto disposta ad aumentare il carico fiscale a carico delle imprese. C’è poi però anche una questione più politica. La Grecia negli ultimi quattro mesi ha avuto una tattica negoziale abbastanza sconsiderata: faceva delle cose a Bruxelles, poi le disfaceva ad Atene, un ministro parlava sopra all’altro, non si capiva chi fosse “in charge”, tabelle vere con i numeri non ne abbiamo viste se non davvero nell’ultimo mese e quindi c’è anche una sensazione di sfiducia da parte dei creditori e quindi non si fa più affidamento su nessuna proposta che non sia chiarissima e dettagliata.

D. – Abbiamo parlato della corsa ai bancomat: c’è un rischio di collasso prima del referendum?

R. – Fondamentalmente, per quattro-cinque giorni il sistema bancario greco sopravvive. Probabilmente, verranno inseriti dei limiti al prelievo in contante, ma non dovrebbe esserci un collasso. Però, sicuramente qualche situazione di tensione è probabile. Detto questo, poi, dal 5 luglio in poi bisognerà vedere.








All the contents on this site are copyrighted ©.