2015-06-27 16:00:00

Terrorismo. Innalzato anche in Italia lo stato di allerta


Dopo gli attentati di ieri in Tunisia, Francia, Kuwait e Somalia, torna a crescere ovunque la paura del terrorismo internazionale. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha cercato di stemperare la situazione affermando che non ci sono minacce specifiche per l’Italia. Roberta Barbi ne ha parlato con Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa:

R. – L’Italia comunque è un Paese in prima linea nella lotta al terrorismo. È uno dei principali Paesi impegnati sul piano internazionale. È un Paese che partecipa a diverse missioni all’estero ed è un Paese che è anche simbolicamente significativo. Per tutta una serie di motivi siamo un Paese, potenzialmente, obiettivo del terrorismo internazionale, soprattutto di questo terrorismo internazionale molto più virulento e molto più “creativo” di quella che era la vecchia al Qaeda. Detto questo, rispetto ad altri Paesi, abbiamo una grande esperienza nella lotta al terrorismo: un’intelligence esterna e interna settata su questo tipo di minaccia, che lavora molto ancora alla vecchia maniera.

D. – Il Viminale ha fatto sapere di aver innalzato il livello di allerta, che cosa significa?

R. – Significa che per certi obiettivi verranno in qualche misura innalzate le attività di monitoraggio, verranno prese tutta una serie di precauzioni. Ovviamente, per un tipo di minaccia come questo è difficile mettere completamente al sicuro il Paese, gli obiettivi sono potenzialmente illimitati.

D. – Quali sono gli obiettivi sensibili in Italia?

R. – Si va dalle stazioni ferroviarie, infrastrutture critiche, centrali energetiche, centrali idroelettriche… Non dimentichiamoci anche le grandi infrastrutture informatiche.

D. – C’è bisogno di un maggiore coordinamento internazionale nella lotta al terrorismo? Quale può essere il ruolo dell’Italia?

R. – Può essere quello tradizionale del nostro Paese. Ovvero, quello di un Paese che comunque è capace di condividere esperienza, di condividere informazioni con gli alleati. Il problema del coordinamento è fondamentale. Purtroppo, a oggi anche tra alleati molto spesso siamo restii a scambiare informazioni rispetto ad alcune realtà più o meno terroristiche. L’Italia è un Paese che generalmente collabora molto, anche perché è un Paese abituato a questo tipo di situazioni. Il coordinamento ci vuole ma deve essere un coordinamento a tutto campo.

D. – Come per la questione riguardante l’immigrazione, l’Europa si dimostra ancora una volta debole nel portare avanti una politica comune…

R. – Sull’Europa non c’è ormai da fare grande affidamento, in sostanza. L’Europa è quel sogno o quel miraggio destinato ancora ad essere tale. Il secondo problema è in realtà quello più grave: noi ci stiamo concentrando sull’effetto, cioè l’immigrazione, ma non stiamo andando a vedere e a curare la causa che provoca questo effetto, cioè l’instabilità di tutto il Nord Africa.








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