2015-06-29 14:05:00

Burundi elezioni: tensioni e urne boicottate dall'opposizione


Seggi aperti oggi in Burundi. 3,8 milioni di elettori sono chiamati a votare per le politiche e amministrative. Nelle notte, diversi seggi sono stati assaltati ma fortunatamente si registrano solo danni materiali. Parte della popolazione contesta, infatti, la decisione del presidente Nkurunziza di candidarsi per un terzo mandato, e questa tornata elettorale si tiene malgrado il boicottaggio delle opposizioni e gli appelli di Usa e Ue a posticipare il voto, per non aggravare una crisi politica che perdura da oltre due mesi. Per un commento, Marco Guerra ha intervistato Enrico Casale, esperto di Africa per la rivista Popoli:

R. – Il Burundi che arriva alle urne è un Burundi che ha vissuto negli ultimi due mesi forti tensioni. Gran parte della popolazione non vuole che il presidente Pierre Nkurunziza si ricandidi per un terzo mandato alla presidenza. Va chiarito che queste elezioni non sono presidenziali, ma l’opposizione che non si presenta alle urne non vuole che il parlamento sia un parlamento con una maggioranza del presidente della Repubblica, che rafforzerebbe la posizione del presidente stesso. Il Burundi che va oggi alle urne è dunque un Burundi in tensione. Tensioni ci sono state questa notte e si teme che ci siano anche in queste ore. Minore sarà l’affluenza alle urne, minore sarà il significato di questa votazione.

D. – Quindi, si temono nuove violenze. C’è il pericolo che il tutto possa sfociare in una guerra civile o scontri in campo aperto?

R. – Sì, fino ad adesso è stata una protesta politica, quindi è stata una protesta contro la ricandidatura del presidente della Repubblica, dunque ci sono motivazioni meramente politiche. Il rischio è che questa protesta si incanali su una direttrice di carattere etnico, quindi la tradizionale divisione tra Hutu e Tutsi. E che possa non solo sfociare in una guerra civile. ma infiammare anche il vicino Rwanda che conosce più o meno le stesse dinamiche etniche. Va ribadito però che in questo momento è una protesta di carattere politico.

D. – Molti osservatori internazionali sono stati ritirati. l’Unione Europea e gli Stati Uniti minacciano di sospendere gli aiuti. Al momento, il Burundi è un Paese isolato sul piano diplomatico internazionale…

R. – Direi di sì. Gli Stati Uniti e Europa hanno sconsigliato l’organizzazione di queste elezioni e di quelle presidenziali che si terranno fra due settimane, proprio perché prima di andare alle urne sarebbe utile ci fosse un processo di riappacificazione nazionale che porti le parti, gli oppositori e il presidente, su posizioni più di dialogo democratico, cosa che invece adesso non c’è. Le proteste sono sempre state abbastanza dure in piazza e in molti quartieri di Bujumbura e queste proteste addirittura erano sfociate in un tentativo di golpe che poi è fallito il mese scorso.

D. – Nkurunziza continua a essere l’uomo forte del Paese?

R. – Il presidente ancora ha dalla sua parte grosse frange delle Forze armate e delle forze dell’ordine. Quindi, ha un suo seguito e ha dimostrato in queste ultime settimane di saper gestire la situazione perché tiene i fili del Paese. Bisognerà vedere fino a quando e se questo non esaspererà ancora i toni, che sono già abbastanza duri, della protesta.

D. – Cosa c’è da aspettarsi nelle prossime ore dopo il voto? Sarà un voto plebiscitario dopo il boicottaggio delle opposizioni?

R. – Il fatto che le opposizioni non si siano presentati significa che alla fine queste elezioni verranno ancora vinte dalle formazioni che sostengono il presidente. Come accennavo prima, la vera discriminante sarà l’affluenza alle urne: minore sarà l’affluenza alle urne, minore sarà anche l’attendibilità di questo risultato elettorale. Il problema è comunque che queste elezioni, come hanno ben detto Stati Uniti e Europa, rischiano di esacerbare ulteriormente gli animi che sono già abbastanza infiammati.








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