2015-06-29 10:33:00

“Un cuore pensante”: diario dell'anima il nuovo libro di Susanna Tamaro


“Un cuore pensante” è il titolo dell'ultimo libro di Susanna Tamaro: edito da Bompiani, è la storia di una bambina diversa dalle altre che amava la solitudine, che si faceva molte domande e che sapeva sorprendersi della bellezza della natura. L'opera offre ai lettori un personale diario dell’anima della scrittrice triestina. Il cammino di fede, l’impatto con la morte e con il male, la questione dell’identità sessuale: tanti i temi con cui la Tamaro si confronta. Ma sentiamo la stessa autrice intervistata da Adriana Masotti:

     

R.  – Viviamo in un mondo che ha un po’ dimenticato le domande. Abbiamo tante risposte, anche molto certe, ma le domande sono scomparse dall’orizzonte. Io credo che invece l’uomo sia fatto proprio per interrogarsi. Il bambino particolarmente si interroga e dobbiamo tornare ad ascoltare i bambini e ascoltare il bambino dentro di noi che ci fa delle domande.

D. – Domande anche sulla fede. Viene fuori un cammino di fede non lineare, con alti e bassi…

R.  – Sì, ho voluto proprio parlare del cammino della fede, perché ho notato anche che, per esempio, i preti difficilmente parlano di come hanno trovato la fede. Sembra nel mondo contemporaneo che uno o ce l’ha come un pacco arrivato per posta, oppure è sfortunato e non ce l’ha. Invece penso che la fede sia un cammino complicato, difficile, spesso accidentato, con momenti anche di silenzio, ma è il cammino in cui l’uomo realizza totalmente la sua umanità.

D. – La fede che cosa è per lei?

R. - E’ il centro totale della mia vita. E’ capire sempre dove sono, cosa sta succedendo e come mi devo comportare perché ho un codice interno che è dato dalla fede, dalla fede cristiana, naturalmente. Credo che la fede sia il massimo della libertà a cui un uomo possa aspirare nella sua vita.

D. - Tanti anche i temi di attualità che emergono dalle pagine di questo libro… Uno è quello della identità sessuale: lei si confronta con la teoria gender che in questi tempi si vorrebbe imporre alle nuove generazioni, che vuole superare il dato naturale dei due sessi, il maschile e il femminile…

R. – Sì, questo è un tema molto incandescente perché stiamo vivendo proprio un’ossessione ideologica in questo campo. E come tutte le ideologie e come tutte le ossessioni non porta con sé nulla di positivo. Naturalmente ci sono momenti nell’infanzia in alcune persone in cui si ha una difficoltà di identificazione sessuale. Io a una certa età l’ho avuta, volevo assolutamente essere un maschio perché volevo fare cose, nel futuro, comandare navi, avevo sogni che all’epoca, negli anni ’50-’60, erano incompatibili con l’essere donna. Adesso non è più così. Al giorno di oggi se avessi manifestato questi desideri, sarei stata subito avviata a un percorso di cambiamento con psicologi ecc… mentre semplicemente si trattava di aspettare che questa fase finisse. Mio nonno mi regalò un costume da cowboy che placò queste mie ansie identificatorie e lentamente questa cosa si è spenta. Dunque accogliere, cercare di capire, ma sfuggire dalla ossessione ideologica che è una grande violenza che si fa ai bambini e alla vita.

D.  – “Le lacrime sono state le compagne della mia infanzia”, lei scrive, e spesso ritorna questo tema del pianto…

R.  – E’ vero ho pianto tantissimo e tuttora ho una grande propensione a piangere. Ma da piccola particolarmente sentivo questo: vedevo l’incompletezza del mondo e soffrivo per questa incompletezza, questo fatto che ci fosse sempre il male, che non ci fosse l’amore, questo mi faceva piangere in maniera straordinaria. Però essendo piccola non riuscivo a spiegare che piangevo perché vedevo le persone che non si amavano… E penso che il nostro tempo ha molto bisogno di queste lacrime.

D. - Un grande problema di questi giorni è anche l’immigrazione e il Papa parla di lacrime da versare su tutte queste persone che fuggono dal loro Paese... 

R.  – Sì, c’è questa disperazione, ci sono queste ondate bibliche di immigrazione che non ci aspettavamo, noi non siamo pronti a questo e non sappiamo come gestirle da tanti punti di vista. Però è sempre un umano che incontra un umano. L’ospitalità, da Abramo in poi, è il fondamento dell’umano: ci troviamo a dover cambiare i nostri programmi in qualche modo, però questa è la storia e noi d’altra parte siamo una civiltà che, bisogna avere il coraggio di dirlo, che è alla fine. Quindi queste energie nuove che arrivano da mondi più giovani sono uno dei sensi della storia.

D. – Il bene e il male, anche di questo parla il libro e lei sostiene che il male va riconosciuto col suo nome…

R. - Sì, uno degli smarrimenti attuali più forti, secondo me, è il fatto che nell’educazione si è smarrita quella distinzione molto chiara che c’è stata fino agli anni ’60 su ciò che è bene e ciò che è male. Adesso è male ciò che non mi piace ed è bene ciò che mi piace: questa è una deriva di distruzione pazzesca. Cominciare a mettere una linea di demarcazione molto chiara: questo è bene, questo è male, è una cosa fondamentale per salvare la nostra società e le nostre vite perché il bene e il male sono profondamente insiti nella nostra coscienza, in realtà sappiamo cosa è bene e cosa è male.








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