2015-07-01 14:17:00

Grecia, si tratta no stop: Merkel: no aiuti, prima referendum


Continua il dialogo tra Grecia e creditori, dopo il mancato pagamento ellenico al Fondo monetario Internazionale. A breve il premier Tsipras terrà un discorso alla nazione. Nel pomeriggio teleconferenza dell’Eurogruppo per discutere la richiesta greca di un terzo salvataggio, ma la cancelliera tedesca, Angela Merkel, frena: “Nessun negoziato su nuovi aiuti prima del referendum in Grecia”. Anche questa mattina lunghe file davanti alle banche che hanno aperto per il pagamento in contanti delle pensioni o per i prelevamenti dei correntisti sprovvisti di bancomat o carta di credito, sempre per un massimo di 120 euro a settimana. Intanto, sono diversi gli attori internazionali, non europei, che guardano con interesse geopolitico alla situazione greca. Elvira Ragosta ha raccolto il commento di Alessandro Politi, ricercatore senior del Cemiss:

R.  – La Russia ha interessi essenziali in cui la Grecia è un supporto perché sa benissimo che la Grecia già dai tempi della Guerra Fredda non è mai passata di campo e ha scarse possibilità di farlo. Però, tutto fa brodo per mantenere una certa iniziativa che si è presa a caro costo in Crimea.

D.  – Come si può leggere la posizione della Turchia anche in riferimento al gasdotto “Turkish stream”?

R. – E’ una posizione che ancora una volta sconta interessi superiori: cioè Erdogan non ha ottenuto la maggioranza qualificata che gli serviva per trasformare la sua presidenza, è in un processo delicatissimo di negoziati con i curdi all’interno della Turchia per chiudere una lunghissima guerra civile e naturalmente ha le dita nella presa di corrente mediorientale. Quindi, diventare un “hub” gasiero è senz’altro una cosa che alla Turchia interessa molto e quindi la Grecia è in subordine, perché il primo accordo è quello ovviamente con i russi. Anche questo tipo di accordo però è sottomesso al problema del calo dei prezzi energetici. Quindi, è un po’ difficile immaginare un nuovo gasdotto, che naturalmente è strategico perché aggira la forca caudina ucraina. Però, non è che i russi abbiano tutti questi soldi da buttare nel nuovo gasdotto.

D. – Quanto è forte poi l’influenza cinese in Grecia?

R. – Il Mediterraneo oggi è profondamene cinese e ancora molti non se ne accorgono perché semplicemente è il terminale della nuova via della seta e perché questo è senz’altro uno dei mercati interessanti per la Cina. Troppi governi italiani hanno trascurato il collegamento diretto ferroviario tra Gioia Tauro e il Nord Europa ed è una cosa assolutamente criminale e per pochi soldi i cinesi si sono presi il controllo di due terminal del Pireo che stanno facendo funzionare a ritmo serrato. Questo è uno degli interessi geopolitici più seri e meno visibili e continuerà se la Cina riesce a garantire una crescita sostenibile al suo sistema economico, cosa che non è scontata.

D . – Ci sono altri Paesi interessati alla geopolitica greca?

R. – Senz’altro gli americani. La posizione di Obama di simpatia e appoggio per la Grecia è una di quelle posizioni che permettono di mantenere un piede in un posto importante, perché l’accoppiata Grecia e Turchia significa il controllo delle vie di accesso al Mar Nero, e al tempo stesso mantenere divisi gli europei che peraltro da soli ci riescono benissimo a essere divisi.

R.  – Che vantaggi può trarre la Grecia dagli interessi di questi attori non europei?

R. – Finora, il vantaggio netto per la Grecia rispetto a questi Paesi è che è un mezzo di pressione sui maggiori Paesi europei. Vedremo adesso qual è il voto del referendum, ma se i maggiori Paesi europei insistono nella loro miopia costringeranno la Grecia a uscire dall’orbita europea con pesantissime conseguenze geopolitiche e geoeconomiche.

D.– E’ fantapolitica pensare ad una Grecia fuori dall’Europa e più vicina all’Asia?

R. – Non nei grandi patti strategici, ma in una serie di realtà molto più quotidiane e direi terra terra, sì. E’ del resto quello che fanno Paesi saldamente inseriti nell’Europa come la Bulgaria, che però si propongono come “hub” regionali. E quando si parla di “hub” regionale non è soltanto la penisola balcanica, ma è per esempio la Turchia e la Russia, seppure con le dovute accortezze.








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