2015-07-03 14:30:00

Tsipras: accordo dopo referendum. Mons. Rossolatos: cresce disperazione


A due giorni dal referendum in Grecia, i sondaggi parlano di un elettorato diviso quasi a metà tra il sì e il no alla bozza di accordo proposta dai creditori di Atene: decisivo, quindi, sarà il voto dei cosiddetti “indecisi”, finora pari all’11 per cento. Il premier greco Tsipras, lanciando un nuovo forte appello per il "no", ha detto che un accordo sarà firmato dopo il voto, al massimo dopo 48 ore. Il Consiglio di Stato greco si potrebbe esprimere nelle prossime ore sulla legalità del referendum. Secondo il Fondo Monetario Internazionale le necessità di finanziamento complessive del Paese ammontano a 50 miliardi di euro fino a tutto il 2018. Il servizio di Roberta Barbi

“Non è troppo tardi; l’intesa è imminente”. Questa la posizione del ministro delle Finanze ellenico Varoufakis, che a una radio irlandese ha dichiarato: “Anche se domenica vincesse il no, c’è un accordo in vista”. E mentre stasera in piazza Syntagma il premier Tsipras lancerà l’ultimo appello ai connazionali affinché respingano le proposte dei creditori, rompe un silenzio durato cinque anni l’ex premier greco Karamanlis, sotto il cui mandato il deficit greco lievitò. “Il no sarà interpretato come la scelta della Grecia di uscire dall’Europa – ha detto l’esponente di Nea Democratia – così si espone il Paese a una serie di pericoli, anche di sicurezza nazionale”. E se appare chiaro che la divergenza ancora da superare si gioca sull’alleggerimento o meno del debito, il presidente della Commissione europea Juncker ha fatto sapere che anche se il risultato del referendum sarà sì “il negoziato sarà difficile”; in caso contrario, invece “la posizione della Grecia sarà drammaticamente indebolita”.  

Di una situazione "disperata" parla mons. Sevastianos Rossolatos, arcivescovo cattolico di Atene:

R. – Vedo - anche camminando per strada - i pensionati in fila fuori delle banche per prelevare soltanto 60 euro al giorno e alcuni svengono per le ore che passano ad aspettare. Molti sono quelli che si alzano di notte e arrivano in banca alle 3 del mattino per essere i primi a prelevare i soldi. E’ una situazione veramente di disperazione. La cosa peggiore è che non si sa cosa accadrà da lunedì in poi.

D. – Lei si sente di dire qualcosa sul referendum del 5 luglio?

R. – La stazione televisiva statale cerca di convincerci a votare il ‘no’, secondo la posizione del governo. Tutte le altre stazioni televisive, però, fanno capire che uscire dall’euro sarà proprio la distruzione dell’economia. Quindi la gente non capisce, non sa cosa votare. Gli imprenditori si sono ribellati, perché capiscono che fuori dell’euro l’economia farà molta fatica a riprendersi, ci vorranno degli anni. Anche il sindaco di Atene e quello di Salonicco, apertamente, in televisione, invitano la gente a votare il ‘sì’, cioè a restare nell’euro.

D. – La gente, dunque, in questi giorni sta cercando semplicemente di accaparrare i beni di prima necessità - viveri, vestiti e così via – perché hanno paura per il futuro…

R. – Si vive in un’insicurezza totale. Anche le diocesi, le parrocchie devono pagare gli impiegati e non possono pagarli, perché non hanno soldi e se hanno soldi li devono depositare in modo elettronico nelle banche, dove la gente, però, non può andare a riscuoterli.








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