2015-07-12 09:00:00

I medici volontari di 'Emergenza Sorrisi' in Iraq


Undici medici volontari sono appena tornati da una missione chirurgica in Iraq, a Nassiriya: 19 i bambini operati, affetti da gravi malformazioni al volto. L'equipe di 'Emergenza Sorrisi', l'ong che opera da anni in contesti di guerra come l'Iraq, il Kurdistan, il Bangadlesh e il Benin, nell'ultimo anno ha operato 270 bambini e avviato altre missioni in realtà poverissime. Fabio Massimo Abenavoli, presidente dell'associazione, spiega al microfono di Maria Cristina Montagnaro che situazione abbiano trovato gli operatori in Iraq:

R. – Siamo stati a Nassiriya, che è una città che conosciamo bene, perché ci andiamo due volte l’anno a operare i bambini. L’Iraq attualmente è in grossa difficoltà; la popolazione ha questa necessità: chiede la pace dopo dodici anni di sofferenze. È una popolazione che ha poche possibilità economiche e che si trova a fronteggiare questa nuova guerra, che – purtroppo – come al solito colpisce la popolazione indifesa e i bambini.

D. – Voi siete stati proprio a Nassiriya: lì fate anche formazione locale. Ci può raccontare cosa fate?

R. – Al di là dell’intervento chirurgico diretto dei nostri volontari, lavoriamo con i medici e con le strutture sanitarie locali, affinché poi continuino questa nostra azione. Per cui stiamo creando 'Emergenza Sorrisi - Iraq', che ormai è una realtà effettiva all’interno della quale lavorano i medici e gli infermieri iracheni e le strutture sanitarie sono ben conosciute.

D. – Come scegliete i bambini che andrete ad operare?

R. – È molto difficile, in effetti, perché noi ci troviamo ogni volta con centinaia di casi clinici; le famiglie portano i loro bambini e purtroppo noi dobbiamo in qualche modo dare una preferenza. La nostra preferenza - anche se è brutto questo termine - è verso quei bambini che hanno il labbro leporino: una deformità del palato che provoca l’impossibilità di alimentarsi; senza il nostro intervento morirebbero nei primi anni di vita.

D. – Da che cosa è provocata questa patologia?

R. – È collegata in parte a carenze anche nutrizionali della madre – carenze di acido folico – in parte a infezioni durante le prime settimane di gravidanza, una gravidanza che non è seguita come nei nostri contesti sociali: chiaramente è tutto collegato con la povertà.

D. – Avete anche un film su di voi, ora nelle sale, di Gianluca Tavarelli: come è nata l’idea?

R. – Sì, questa è una cosa molto particolare: Gianluca Tavarelli ci ha seguito alcuni anni fa con molta attenzione, insieme ad altri suoi colleghi, durante una missione che abbiamo realizzato proprio nella base americana – all’epoca c’era la base di Tallil – e noi abbiamo lavorato, seguiti dai suoi appunti, dalla sua macchina fotografica e dalla sua cinepresa. E poi abbiamo scoperto che lui stava inseguendo questo suo sogno. E devo dire che è un film fatto molto bene: lui è un grande regista. Il film, che è in tutte le sale cinematografiche, si intitola: “Una storia sbagliata” e racconta un po’ la vita di un volontario, le privazioni delle popolazioni, ma anche quelle dei volontari, l’ambiente dove noi svolgiamo la nostra attività. È molto veritiero.

D. – Per chi volesse saperne di più e magari anche aiutarvi…

R. – Abbiamo il nostro sito che è: www.emergenzasorrisi.it.








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