2015-07-06 13:46:00

Grecia: dopo il no al referendum, Europa col fiato sospeso


Dopo la vittoria del no al piano europeo – con il 61 per cento dei voti - al referendum in Grecia, l'Europa con il fiato sospeso. A sorpresa le dimissioni del ministro delle Finanze Varoufakis, mentre il premier Tsipras pensa a una squadra nazionale di negoziazione. Se la Commissione Ue “prende atto” del risultato, facendo sapere che non potrà agire senza il mandato dell’Eurogruppo, che si riunirà domani e che attende proposte da Atene, Putin chiede un immediato colloquio a Tsipras. Roberta Barbi ha raccolto il commento del prof. Antonio Villafranca, responsabile del Programma Europa dell’Istituto degli studi di politica internazionale (Ispi):

R. - La situazione è molto complicata; il default della Grecia è dietro l’angolo. La prima decisione importante spetta alla Bce che deve decidere se continuare a fornire liquidità straordinaria alle banche greche che altrimenti continuerebbero a rimanere chiuse. Io credo e spero che la Bce non interrompa completamente il suo programma con la Grecia, magari anche in attesa delle decisioni dell’Eurogruppo di domani e dei prossimi giorni. Una data però è certa: quella del 20 luglio, quando scade la trance di debito che la Grecia deve alla Bce. Nel caso in cui questa non venga pagata, allora è evidente che la Bce non potrebbe più fornire liquidità aggiuntiva.

D. - Alla vigilia del referendum la posizione dell’Europa in caso di vittoria del “no” era che la credibilità della Grecia ne sarebbe uscita terribilmente indebolita in vista di una nuova trattativa, mentre i sostenitori della politica del governo erano convinti del suo rafforzamento …

R. - Credo che sia stata una grande scommessa, quella fatta da Tsipras. Non sono convintissimo che sia stata vinta; bisogna vedere come reagiscono gli altri leader europei, perché una cosa è certa: prima c’erano sette miliardi "sul piatto" che avrebbero permesso alla Grecia di non andare in default. È chiaro a tutti che il debito greco, comunque, è insostenibile e che una sua ristrutturazione, intorno al 30-40 percento almeno, sarà necessaria. Con la vittoria del “no” è tutto assolutamente nebuloso. I rischi per la Grecia in realtà sono più alti. Certo, quando si scommette e si rischia tantissimo si può anche guadagnare molto, ma si può anche andare in bancarotta.

D. - Ora è verosimile un’uscita della Grecia dall’Euro?

R. - Con la vittoria del “no” le probabilità sono sicuramente più alte. Questo non vuol dire che debba necessariamente avvenire. Io spero in un senso di responsabilità politica da parte di tutti i leader europei.

D. - Le dimissioni di Varoufakis gioveranno alla trattativa?

R. - Gioveranno sicuramente. Era chiaro ormai che Varoufakis era diventato un po’ una "persona non grata", perché non ritenuto più affidabile. Lui devo dire che - questo con un atto di responsabilità politica che gli va riconosciuta – ha fatto un passo indietro, e questo sicuramente gioverà alle trattative.

D. - Tsipras si è seduto al tavolo con gli altri partiti e sta valutando l’ipotesi di una squadra negoziale nazionale. Anche questo gioverà?

R. - Assolutamente sì, è chiaro che la Grecia si trova in una situazione di emergenza nazionale e che non può essere solo risolta da Syriza. Qui è necessario coinvolgere gli altri partiti. Si fanno già, tra l’altro, dei nomi sui possibili sostituti di Varoufakis; si parla del moderato Dragasakis che è uno dei moderatori, o quello che ha posizioni un po’ più estreme di quest’ultimo che è Tsakalotos, però potrebbe anche – ad esempio – sostituirlo Stournaras che è l’ex ministro delle Finanze del governo di Samaras. Quindi sono delle alternative sicuramente valide, meglio di Varoufakis.

D. - I mercati ne hanno già risentito?

R. - I mercati ne stanno risentendo ma non in maniera drammatica. Quello che prevale è un atteggiamento di attesa. Ovviamente le decisioni importanti riguardo la Bce, il fatto che mantenga o meno la liquidità straordinaria per le banche greche. È stato fatto un calcolo secondo il quale sarebbero immediatamente necessari altri 60 miliardi; ricordiamo che la Bce aveva alzato il tetto fino a 89 miliardi, poi ovviamente la decisione dell’Eurogruppo sul da farsi, cioè se veramente concedere ad esempio quei 30 miliardi che aveva chiesto il governo greco per i prossimi due anni e avviare appunto una discussione sulla ristrutturazione del debito greco. Questo che cosa vuol dire in termini molto pratici? I soldi che gli altri Paesi europei hanno già prestato alla Grecia – non dimentichiamo che l’Italia ha già dato 36 miliardi – non verrebbero restituiti in toto e che eventualmente ulteriori soldi dovrebbero essere dati alla Grecia.








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