2015-07-06 15:25:00

Vertice a Washington contro Is. Iacovino: coalizione "perdente" sui media


Il presidente degli Stati Uniti, Obama, ha convocato oggi pomeriggio a Washington i vertici della Sicurezza nazionale per fare il punto sulla campagna intrapresa di lotta al sedicente Stato islamico, mentre proseguono i raid aerei della Coalizione a guida Usa. Solo ieri nel giro di poche ore – c’è stata la più intensa operazione - ben 16 bombardamenti su Raqqa, sorta di roccaforte del Califfato in Siria. Dall’altro lato i miliziani dell’Is continuano a mostrare con orgoglio su Internet gli orrori della loro folle guerra. Roberta Gisotti ha intervistato Gabriele Iacovino, coordinatore degli analisti del Centro Studi internazionali (Cesi):

D.- Dott. Iacovino, è possibile tracciare un bilancio della strategia militare e non messa in atto dalla Coalizione internazionale per fermare l’Is? Vista dall’opinione pubblica non appare finora efficace…

R. - Sicuramente la campagna mediatica del sedicente Stato islamico è molto più forte rispetto a quella della comunità internazionale. Ogni qualvolta lo Stato islamico riesce a portare avanti un’azione militare in alcune parti della Siria o dell’Iraq il riverbero mediatico sulla stampa occidentale è molto più forte rispetto ai risultati ottenuti dalla Coalizione internazionale. Certo è che tracciando un bilancio di quasi un anno di attività militari contro lo Stato islamico ovviamente non si è risolto il problema, perché comunque con una campagna aerea che non vede sul terreno la presenza forte di una coalizione internazionale i risultati possono essere solo temporanei o comunque ristretti ad alcune zone della Siria e dell’Iraq. Ma i risultati ci sono stati: pensiamo solamente alla fermata dell’avanzata dello Stato islamico verso il Kurdistan iracheno o per esempio verso alcune parti della Siria più occidentale: pensiamo anche all’indebolimento della leadership dello Stato islamico con il sedicente califfo al Baghdadi che è stato ferito durante un bombardamento ed alcuni dei principali leader militari del movimento che sono rimasti uccisi in raid aerei. In più, ricordiamoci sempre l’importanza della Coalizione internazionale che riunisce non solo gli Stati Uniti ed altri Paesi occidentali tra cui anche l’Italia, ma anche molti Paesi arabi.

D. - Alcuni osservatori hanno invocato un ruolo più forte dei Paesi arabi ma anche della Turchia per risolvere un problema che è principalmente loro, perché la maggior parte delle vittime sono dei Paesi del Medio Oriente …

R. - Sì, un ruolo maggiore. La Turchia, ad esempio, deve fare attenzione agli equilibrismi da parte del governo tra la propria sicurezza e la necessità di portare avanti un’azione efficace contro lo Stato islamico. Finora le autorità turche – se vogliamo – hanno molto spesso chiuso un occhio rispetto alle attività sia degli altri gruppi più jihadisti dell’insurrezione siriana, sia nei confronti dello Stato islamico lungo i propri confini, proprio per non avere poi delle minacce dirette che potrebbero arrivare da questi gruppi sul proprio territorio. Lo stesso discorso, in parte, si potrebbe fare per gli altri Paesi arabi della Coalizione che rimangono ‘divisi’ tra la necessità di combattere lo Stato islamico, di portare avanti questa attività e la necessità dall’altra parte di non toccare troppi equilibri al proprio interno, da una parte per non farsi vedere troppo alleati ai Paesi occidentali e dall’altra per non andare a toccare le sensibilità più radicali nello loro comunità.

D. - I Paesi arabi potrebbero fare qualcosa di più – qualcuno lo ha chiesto – per sconfessare una lettura tanto sanguinaria dell’islam …

R. - Assolutamente sì, in questo momento la Coalizione internazionale è più attiva dal punto di vista militare se vogliamo; un intervento maggiormente politico da parte di alcuni Paesi arabi potrebbe avere degli effetti maggiori.








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