2015-07-07 15:18:00

Un ecuadoriano a Roma: orgogliosi di ospitare il Papa


Questo Papa lo sentiamo 'nostro'

"Siamo orgogliosi e felici che Papa Francesco abbia scelto il nostro Paese come porta d'entrata per il suo viaggio in America Latina. La scelta di Ecuador, Bolivia e Paraguay conferma la sua sensibilità per i temi sociali. E siamo felici che attraverso questo suo viaggio il Papa ci dia una mano a far conoscere l'Ecuador agli italiani!" ". A parlare così è Madisson Godoy Sanchez, immigrato ecuadoriano da tempo residente a Roma, già consigliere aggiunto presso il Comune capitolino in rappresentanza dell’America Latina. "Questo Papa - spiega - lo sentiamo particolarmente 'nostro' ed è molto emozionante, per noi che lo sentiamo sempre parlare in italiano, ascoltarlo in questi giorni parlare nella sua lingua madre, con l'accento argentino!".

Un popolo dalle forti radici cattoliche

"Sapevo - aggiunge - che nel mio Paese Papa Francesco avrebbe trovato un'accoglienza particolarmente calorosa, perché da noi la fede cattolica è ancora molto forte". "Anche la famiglia resta un'istituzione importante nella nostra società, anche se in questi ultimi anni la forte emigrazione ha creato famiglie 'trans-nazionali', indebolendo un po' certi legami familiari". "Siamo un popolo abituato a una forte solidarietà all'interno dei nuclei familiari ed è un valore che vogliamo preservare".

Una presenza che invita al dialogo

"Mi auguro che questo viaggio del Papa - prosegue Madisson Godoy Sanchez - serva a creare le condizioni per il dialogo, in un momento in cui il nostro Paese attraversa una fase difficile di contrasti fra il Governo e le opposizioni, affinché si trovino delle soluzioni più adeguate per risolvere le ingiustizie sociali che ancora permangono in Ecuador". 

Ecuadoriani d'Italia

"Noi ecuadoriani in Italia siamo circa ottantamila e siamo molto ben accettati, sicuramente per la nostra cultura e religione e per la storia dei rapporti fra Italia e America Latina. Qui ci sono molte coppie miste e anche molti giovani che appartengono alle seconde generazioni dell'immigrazione e vivono perciò in una sorta di limbo: non si sentono ecuadoriani, essendo nati in Italia, ma, come figli di stranieri, non si sono ancora pienamente integrati". "Si deve fare ancora molto in Italia per l'integrazione degli stranieri, soprattutto per superare l'approccio emergenziale. Gli immigrati devono collaborare di più ma anche la politica ha una grande responsabilità. Ci sono alcuni modelli virtuosi nei piccoli comuni, ma nelle grandi città come Roma la situazione è più difficile e la scelta di cancellare la figura dei consiglieri comunali aggiunti, in rappresentanza delle varie comunità etniche, è stato un grosso passo indietro".  








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