2015-07-10 14:43:00

Migranti: nuovi naufragi e decine di vittime nel Mediterraneo


Nuova tragedia dell’immigrazione nel Mediterraneo. La Guardia costiera tunisina ha recuperato stamani i corpi di almeno 10 migranti africani, mentre altri sono stati avvistati in mare. A Palermo, è atteso invece per domani l’arrivo di un pattugliatore italiano con oltre 700 migranti e 12 salme recuperate ieri dopo l’ennesimo naufragio davanti le coste libiche. Intanto, sempre ieri, i ministri degli Interni dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo di massima per la redistribuzione di 40 mila richiedenti asilo presenti in Grecia e in Italia. Per un commento, Marco Guerra ha sentito Oliviero Forti, responsabile Emigrazione della Caritas Italiana:

R. – Il passo di ieri va nel senso auspicato ormai già qualche mese fa dalla Mogherini, e noi a suo tempo avevamo positivamente registrato questa volontà politica di andare verso una corresponsabilità nella distribuzione dei cittadini stranieri che arrivano sulle nostre coste. Continuiamo a dire, come abbiamo fatto a suo tempo, che i numeri paventati sono assolutamente insufficienti, perché le previsioni di oltre 300 mila persone che arriveranno comunque in Europa nel 2015 ci dà l’idea di come oggi l’impegno sia su circa un decimo. Evidentemente, il carico maggiore rimarrà comunque su Italia e Grecia, ma anche Germania, successivamente, e Svezia, che poi sono i Paesi che continuano a impegnarsi, perché ieri a questo (incontro) informale dei ministri la disponibilità è arrivata, chiaramente, da Francia e Germania che già stanno facendo la loro parte. Diversamente, registriamo ancora una particolare reticenza da parte di Paesi come la Repubblica slovacca, che assumo atteggiamenti di forte chiusura: questo un po’ preoccupa, perché noi avevamo registrato questo come un buon segnale politico, però ancora non è compiuto e la strada da fare è tanta. Però, evidentemente è un primo segnale e lo registriamo positivamente in un momento in cui, peraltro, vediamo da quello che sta accadendo, che i flussi continuano con la stessa intensità. Come dire: il contesto non è mutato, però le risposte tardano ancora a venire.

D. – Abbiamo visto però che alcuni Paesi dell’Est, solitamente ostili, hanno dato la disponibilità ad accogliere qualche migliaio di profughi. Resta invece la chiusura totale sugli immigrati economici, come testimonia la proposta della costruzione del muro in Ungheria…

R. – Questo sicuramente. E poi io mi permetto di dire: sono quei Paesi che purtroppo non stanno dando una grande prova di democrazia, da un lato, e dall’altro di corresponsabilità, perché sono quelli che solo qualche decennio fa hanno potuto – giustamente – avvalersi di una protezione internazionale così come prevista da Ginevra, perché molti loro cittadini trovavano appunto rifugio “dall’altra parte” del cosiddetto Muro di Berlino. Quindi, ci piacerebbe che ci fosse un recupero di una storia molto recente che dovrebbe portare a un esame, non dico delle coscienze, ma della storia per rendersi forse più partecipi, più attivi in questo momento difficile per tutti.

D. – Quindi, cosa c’è da aspettarsi dalla riunione dei ministri dell’Ue del 20 luglio? Una risposta parziale e solo sui richiedenti asilo? L’emergenza immigrazione fondamentalmente resterà di pertinenza dei Paesi della sponda del Mediterraneo?

R. – E' evidente, perché il grande tema che nessuno ha il coraggio di mettere sul tavolo è quello di Dublino: è evidente che, fino a che questo regolamento sarà presente in Europa, comporterà che chi arriva nel Paese di primo ingresso lì deve fermarsi. E quindi finché vigerà Dublino, finché non verrà modificato, questa è la situazione. Poi, potranno esserci dei meccanismi per alleviare questo – mi passi il termine – “peso” che sta in capo ai singoli governi. Ma se si vuole veramente arrivare a una politica di corresponsabilità, bisogna assolutamente superare Dublino.

D. – Con la bella stagione proseguono gli arrivi sulle coste d’Italia, Grecia, Spagna. In Sicilia, a Lampedusa, nel meridione, continuano gli sbarchi: anche oggi sono previsti nuovi arrivi. Voi che notizie avete?

R. – Noi siamo, nei limiti del possibile, sempre in prima linea, disponibili a sostenere le istituzioni, soprattutto nella fase di accoglienza, perché queste persone è vero che arrivano nei porti, ma da lì a poche ore, poi, vanno distribuiti in giro per l’Italia, perché hanno bisogno giustamente di tutti quei servizi propri di chi arriva in un altro Paese e in quelle condizioni. Quindi, incominciamo ad avvertire tutti una pressione forte che è frutto non tanto dell’aumento di questi numeri, quanto di un sistema che ancora – purtroppo, dobbiamo dire – dopo diversi anni fatica a trovare una sua compiuta realizzazione. Tra i temi, uno di quelli che noi crediamo sia sempre da ricordare è quello legato alla lentezza delle commissioni territoriali che sono chiamate a definire lo status dei richiedenti la protezione internazionale. E’ una cosa che appare molto complessa ma nei fatti, invece, richiederebbe da parte di queste commissioni una maggiore celerità per permettere al sistema di liberare posti in tempi veloci e permettere a chi arriva di trovare poi la corretta sistemazione.








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