2015-07-11 00:00:00

Bolivia. Suor Micaela: Francesco ha portato una speranza nuova


Tra le parole forti del Papa in Bolivia, ci sono state quelle rivolte ai sacerdoti, i religiosi e i seminaristi a Santa Cruz. Francesco ha affermato che i cristiani non sono testimoni di una ideologia, ma della misericordia di Gesù che li rende capaci di avvicinarsi al dolore della gente. Guai ad una fede indifferente o chiusa in stessa, che passa oltre il grido di chi soffre. Di queste esortazioni, il nostro inviato Paolo Ondarza ha parlato suor Micaela Princiotto missionaria delle Beatitudini da 26 anni in Bolivia, dove è impegnata nel campo dell’educazione:

R. – Il Papa, tante volte, nei suoi incontri e nei suoi discorsi, soprattutto sulla vita religiosa, richiama le Beatitudini, che sono la “Magna charta” del Vangelo, della vita cristiana. Le Beatitudini sono proprio questo: non passare mai oltre il grido dell’altro, il bisogno dell’altro, le lacrime dell’altro.

D. – Il Papa ha detto “mettere radici nella vita della persona che si incontra”…

R. – E’ bellissimo! Questo significa che uno assume su di sé quelle che sono le pene, le sofferenze, ma anche le gioie degli altri. San Paolo ci dice: “Ridi con chi ride e piangi con chi piange”.

D.- Un po’, forse, la malattia dei nostri giorni: l’essere distratti e passare oltre…

R. – Più che distratti, siamo troppo concentrati su noi stessi, sulla ricerca della felicità, del benessere che, però, interessa solo me! E ci scordiamo che quando io cerco la felicità solo per me, non la incontrerò mai!

D. – Suor Micaela, vorrei fare un piccolo passo indietro: il Papa, durante la cerimonia di benvenuto, constatando il progresso materiale che la Bolivia ha vissuto negli ultimi anni, ha anche evidenziato la necessità di lavorare sull’educazione dei cittadini, perché solo il progresso materiale rischia di creare addirittura – ha detto - nuove differenze. Nel campo dell’educazione queste parole cosa vogliono dire, visto l’impegno che voi quotidianamente avete?

R. – Ci vengono giù come una benedizione! Perché in realtà in questo Paese, che sta vivendo un benessere speciale, purtroppo non è migliorato di molto il tema educativo. Anzi, in questo momento abbiamo una legge che cerca di imporre un modello unico educativo, in cui si sta spendendo molto, ma senza alcun risultato positivo; non si sta facendo una inversione seria per una vera formazione dei maestri e non ci si preoccupa per i valori morali ed etici dei bambini, per cui – per esempio – la materia di religione, etica e morale, è stata una materia molto discussa e lo è ancora. In generale, il sistema educativo non si è arricchito. E per una ideologia che ha voluto imporsi nell’educazione, siamo tornati indietro di parecchi anni. Questo è quello che ci preoccupa, perché poi l’educazione è quella che fa un popolo.

D. – Un tempo breve ma veramente ricco di contenuti, queste ore che il Papa ha trascorso in Bolivia. Quale eredità lascia questo passaggio di Papa Francesco in Bolivia?

R. – Io seguo molto i discorsi, la catechesi, quello che il Papa dice e quindi quello che ha detto ora qui non è nuovo: è il pensiero del Papa, è quello che sempre ribadisce. Quello che mi sembra molto bello è che la gente lo abbia accolto e abbia sentito che il passaggio del Papa fra di noi può portare una speranza nuova. Credo che il Papa ci abbia tante indicato orientamenti, in vari settori e in vari aspetti, su cui dovremmo riflettere e pensare meglio da qui in avanti. Io, più che una eredità, sento che mi porto dentro ora una nuova sfida: come faccio e che faccio io per far crescere quei semi che il Papa generosamente ha seminato?








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