2015-07-11 13:17:00

Egitto, attentato. Papa: combattere la piaga del terrorismo


Un’autobomba è esplosa questa mattina davanti al consolato italiano del Cairo in Egitto. Un poliziotto egiziano, di guardia all’edificio, è rimasto ucciso, mentre almeno nove sono i feriti tra i passanti. In un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, Papa Francesco esprime "viva preoccupazione" e una "ferma condanna" di questo e degli altri attentati già avvenuti nel Paese, esortando le forze politiche e religiose di ogni livello a "unire i loro sforzi per combattere con sempre più determinazione la piaga del terrorismo e promuovere la concordia e la solidarietà". L’attacco, che non è stato rivendicato, è stato condannato dal presidente del Consiglio italiano, Matteo Renzi, e dal presidente egiziano, Al-Sisi. “Italia ed Egitto sono e saranno insieme nella lotta contro il terrorismo e il fanatismo”, si legge in una nota di Palazzo Chigi, mentre il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, parla di “attentato vile”. Tra i primi a raggiungere il luogo dell’attentato, il giornalista freelance, Alessandro Accorsi, raggiunto telefonicamente da Michele Raviart:

R. – La bomba è esplosa alle 6.30 di mattina in una zona abbastanza centrale del Cairo, e l’esplosione è stata molto forte. Ci siamo svegliati tutti e all’inizio non si capiva bene dove fosse esplosa la bomba. Pensavamo addirittura nella zona dove si trova l’ambasciata, perché là ci sono molte ambasciate straniere. Si è pensato alla Corte suprema egiziana, che è stata già teatro di un’esplosione, di un attentato terroristico qualche mese fa e a pochi centinaia di metri dal Consolato poi è diventato chiaro che l’esplosione era avvenuta proprio al Consolato italiano.

D. – Dove è avvenuta di preciso l’esplosione?

R. – L’esplosione è avvenuta in una stradina laterale del Consolato: il Consolato si trova in una zona molto trafficata, a un incrocio tra diverse vie. Sopra c’è una soprelevata molto trafficata… Quindi, in realtà, se l’obiettivo dell’attentato fosse stato quello di uccidere e di produrre un alto numero di vittime, avrebbero potuto mettere la bomba dall’altro lato del Consolato: avrebbero fatto molte più vittime. La bomba era piazzata tra l’ingresso per i visitatori del Consolato e ha squarciato l’intera fiancata laterale. Non c’erano altri obiettivi possibili lì vicino per la bomba, perché nelle vicinanze c’è soltanto un parcheggio. Per questo, sembra proprio che l’obiettivo fosse quello del Consolato.

D. – Cosa hai trovato sul posto?

R. – Quando sono arrivato sul luogo dell’esplosione, c’erano già un centinaio di persone, di egiziani, che erano accorse a vedere cosa fosse successo e tutt’attorno al luogo dell’esplosione c’erano i pezzi di un’auto. In realtà, non si tratterebbe di un’autobomba ma sembrerebbe che ci fosse un ordigno esplosivo abbastanza potente piazzato sotto una macchina, che avrebbe ucciso un soldato, un poliziotto di guardia al Consolato e ferito gravemente alcuni passanti.

D. – Tu che idea ti sei fatto? Perché il Consolato italiano potrebbe essere un obiettivo per questo attentato che ancora non è stato rivendicato?

R. – Sinceramente, è difficile capire perché l’Italia e perché il Consolato italiano. La zona delle ambasciate è diversa, è un’altra. Ci sono altre due zone in cui ci sono tutte le ambasciate straniere. Qualche settimana fa, c’era stata una piccola bomba, che in realtà non aveva creato grossi danni, vicino all’ambasciata italiana ma che era molto più vicina all’ambasciata saudita. Quindi, non è chiaro per quale motivo il Consolato italiano: forse per la posizione in cui è locato, che è abbastanza semplice da colpire, è centrale, e forse per questo era un obiettivo più facile. Forse, era meno protetto rispetto alle zone in cui si trovano tutte le altre ambasciate a Zamalek, nell’Isola di Zamalek, o a Garden City. L’Italia non è tra i governi più critici agli occhi del governo Al Sisi, ma alla fine più o meno tutti i governi europei, nell’ultimo anno, hanno ridotto le loro critiche nei confronti del governo egiziano e hanno accolto a braccia aperte Sisi, nonostante la repressione in corso qua in Egitto.

D. – Appena sei arrivato hai visto già che c’era una folla di un centinaio di persone. La gente, la popolazione come ha reagito di fronte a questo attacco?

R. – La situazione un po’ paradossale è che l’Egitto vive in uno stato di continuo choc per queste bombe. Due settimane fa, c’era stato l’attentato contro il procuratore generale che è stato abbastanza destabilizzante per gli egiziani, perché è stato il primo omicidio mirato da oltre 25 anni contro un alto ufficiale dello Stato. Ma allo stesso tempo, ci si è in qualche modo abituati al terrorismo e alle bombe. Ci sono bombe più o meno piccole che esplodono ogni settimana, il governo continua a ripetere che sta vincendo la guerra contro il terrorismo. In realtà, il numero degli attentati è in aumento. Il problema è che da un lato la strategia terroristica non funziona, nel senso che il supporto al governo non diminuisce. Quello che gli attentati riescono a ottenere, per il momento, è che molti dei giovani della Fratellanza musulmana o di simpatie islamiste, ma anche di gruppi secolari, iniziano a essere attratti dal terrorismo e dal successo che questi attacchi in qualche modo comunque hanno.








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