2015-07-11 13:59:00

Morto il card. Biffi. Il Papa: amò tenacemente la Chiesa


Un vescovo che “ha servito con gioia e sapienza il Vangelo e ha amato tenacemente la Chiesa”. Papa Francesco ricorda così, in un telegramma di cordoglio, la scomparsa del cardinale emerito di Bologna, Giacomo Biffi, spentosi la notte scorsa, nella clinica felsinea dove era ricoverato da tempo, all’età di 87 anni. Per circa vent’anni – dal 1984 al 2003 – fu capo dell’arcidiocesi di Bologna come “guida sollecita e saggia”, scrive Francesco, che ne ricorda “l’instancabile servizio” alla “formazione umana e cristiana di intere generazioni”, sottolineando in particolare il “linguaggio diretto e attuale” col quale il porporato si poneva “al servizio della parola di Dio”. I funerali del cardinale Biffi saranno celebrati martedì mattina a Bologna nella cattedrale di San Pietro alle 10.30, presieduti dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra. Il servizio di Luca Tentori:

"Si può allora anche dire che tutte le religioni hanno del buono e che tra esse si può scegliere a proprio gusto come si sceglie un libro da leggere o una musica da ascoltare. Si può dire, purchè non ci si dimentichi che il cristianesimo è un’altra cosa. Il cristianesimo è un fatto e i fatti non si scelgono, i fatti sono”.

Parole decise di un insegnamento chiaro e forte. Correva l’anno 1995 quando il cardinale Giacomo Biffi le rivolse ai giovani della sua città d’adozione: Bologna. A 87 anni, l’arcivescovo emerito del capoluogo emiliano, è morto questa notte in una casa di cura. Milanese, o meglio ambrosiano, è stato una figura di spicco dell’episcopato italiano negli anni ‘80 e ‘90. Era nato il 13 giugno del 1928, un dono di Sant’Antonio di Padova alla sua famiglia, come amava ricordare. Ordinato sacerdote per le mani del cardinal Ildefonso Schuster nel 1950 fu insegnante di teologia, parroco a Milano e ausiliare della diocesi meneghina fino al 1984 quando fu nominato arcivescovo di Bologna. Dopo le reticenze iniziali per l’incarico si innamorò presto della sua nuova Chiesa e decise di rimanervi a trascorrere gli ultimi anni della sua vita anche quando terminò il suo servizio pastorale nel 2003 per raggiunti limiti di età. Il suo pensiero di teologo e pastore non passava indifferente negli ambienti ecclesiali e della società Nel 1989 e nel 2007 ha predicato gli esercizi spirituali di quaresima a San Giovanni Paolo II a Benedetto XVI:

“Tre cose noi non dobbiamo dimenticare: la prima è che non siamo degli innocenti, siamo dei salvati. La seconda cosa è che possiamo ancora cadere. Ma noi sappiamo che il Signore è fedele e che vuol darci come dono quella perseveranza che non è nelle possibilità dell’uomo che confida in se stesso. La terza cosa è che di fronte alla debolezza e alle cadute dei nostri fratelli dobbiamo avvertire una specie di corresponsabilità che ci porti a condolerci con loro e talvolta anche a soffrire al loro posto. Al tempo stesso dobbiamo sentirci investiti e assimilati dall’onda della divina pietà, in modo da diventare nei confronti di chi sbaglia raffigurazione della misericordia del Signore”.

Ironico, pungente e schietto preferiva la sintesi alle frammentazioni del sapere e del pensiero teologico. Definì la sua Bologna “sazia e disperata”, organizzò nel 1997 il Congresso eucaristico nazionale a cui partecipò Giovanni Paolo II, rilesse le avventure di Pinocchio, era innamorato di Sant’Ambrogio e in uno dei suoi ultimi libri si definì un “italiano cardinale”. Difficile raccogliere in poche battute il suo impegno e il suo pensiero. Chiara la sua fede escatologica e il suo deciso cristocentrismo.

“La notte sta calando sulle illusioni umane. Essi non sanno o hanno dimenticato che il Signore è veramente risorto ed è con noi vivo e attivo tutti i giorni, fino alla fine del mondo. Fateglielo sapere voi! Se vi impegnate in questo spenderete bene la vostra unica vita”.








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