2015-07-14 12:30:00

Grecia 24 ore per le riforme. Il piano Ue spacca Syriza


Il terzo piano di sostegno europeo approvato all’unanimità ieri dai 28 per la Grecia spacca Syriza, la coalizione della Sinistra Radicale. Proteste ad Atene, mentre il parlamento dovrà approvare, in dieci giorni, una serie di riforme per ottenere il prestito da oltre 86 miliardi di euro. La prima scadenza è fissata per domani. Massimiliano Menichetti:

Per ora, la Grecia resta nell'Euro. Ieri, l’annuncio a Bruxelles dopo una maratona negoziale di 30 ore e un piano di sostegno approvato all’unanimità dai 28 che prevede soldi in cambio di riforme immediate. Ora i riflettori sono puntati tutti su Atene, che ieri ha visto di nuovo persone in piazza contro una strategia giudicata più dura di quella bocciata dal referendum. Syriza, il partito del premier si è spaccato almeno nelle dichiarazioni, si parla di "accordo umiliante", di mancanza di sostegno al governo. Bordata anche dall’ex ministro delle finanze, Yanis Varoufakis: “Ha voluto cedere”, ha detto riferendosi alla mediazione del premier Alexis Tsipras. Premesse non buone visto che la Grecia ha dieci giorni di tempo per vare riforme dure, evitare definitivamente l'uscita dall'eurozona ed ottenere oltre 86 miliardi di euro di aiuti. Prima scadenza domani: in 24 ore il parlamento ellenico dovrà approvare la riforma dell'Iva, l'abolizione delle baby pensioni, assicurare l'indipendenza dell'ufficio di statistica e creare il "Fiscal Council" ovvero la struttura per controllare i bilanci. Poi, si metterà mano anche al resto tra cui il Codice di procedura Civile e il controllo delle banche. Tutto sarà sorvegliato dall’Eurogruppo. Intanto, è scaduta alla mezzanotte di oggi una nuova rata dovuta al Fmi da 450 milioni di euro: il 20 luglio Atene dovrà rimborsare alla Bce 3,5 miliardi, mentre venerdì prossimo giunge a scadenza circa un altro miliardo di titoli. Dal canto suo l’Eurogruppo sta studiando come concedere alla Grecia un prestito ponte da 12 miliardi per il fabbisogno finanziario immediato e permetterle così la riapertura delle banche.

Per un'analisi della situazione greca abbiamo raccolto il commento del prof. Francesco Carlà, economista e presidente di "FinanzaWorld:

R. – Tsipras ha bluffato e ha perso. La Germania ha vinto, soprattutto la Merkel, e adesso i parlamenti probabilmente ratificheranno, anche se con il mal di pancia. Naturalmente i tempi sono diventati strettissimi, però io credo che ce la faranno.

D. – Adesso, in sostanza, la Grecia si trova ad approvare un piano che è più duro di quello al quale ha detto “no” con il referendum…

R. – È la conseguenza essenzialmente di aver tirato la corda per 5-6 mesi – quindi di aver perso molto tempo in quelle fasi – e poi di aver proposto un referendum nazionale, in cui la Grecia si è trovata fondamentalmente sola contro gli altri 18 Paesi. L’errore principale è stato proprio questo: voler nazionalizzare la questione.

D. – Ma in questo senso chi ne esce perdente?

R. – È una sconfitta per la Grecia, che adesso si trova con dei tempi strettissimi per evitare il peggio. Ma ha perso anche l’Ue, perché non riesce a portare completamente la democrazia economica e finanziaria – che è il completamento della democrazia politica – all’interno del sistema europeo.

D. – Che vuol dire “democrazia economico-finanziaria”?

R. – Vuol dire regole durissime sui singoli Stati, sulle singole città, ma poi anche programmi enormi di investimenti federali sul modello degli Stati Uniti che, come sapete, fanno fallire Detroit o la California, i quali devono poi effettuare i piani di austerity. Ma, contemporaneamente, deve esserci il grande piano degli investimenti per la ripresa in quelle aree.

D. – Ma c’è il rischio che la Grecia esca dall’Europa: c’è ancora questo rischio?

R. – Il rischio c’è. Però, secondo me – e citerò la Merkel: “Gli svantaggi sono più dei vantaggi” sia per la Grecia, che per l’Euro, che per l’Unione Europea. Il fatto è che diventa sempre più un accordo a perdere che prosegue la saga della Grecia, dei problemi dell’Euro, ecc.

D. – In questo momento, l’Eurogruppo sta studiando come concedere alla Grecia un prestito ponte da 12 miliardi per il fabbisogno finanziario immediato e per permettere così la riapertura delle banche: un braccio di ferro che piega la Grecia…

R. – Se la Grecia la mette sul piano del “conta di più la democrazia greca delle altre democrazie”, gli altri dicono: “Siamo altri 18 e la democrazia c’è anche da noi”. E quindi la Grecia si trova, come si è trovata nel weekend scorso, con la “splendida” alternativa tra Grexit e la firma di un piano più penalizzante, nei tempi e nei contenuti, di quelli che ha scartato per mesi di seguito. Ripeto: va europeizzata la democrazia finanziaria ed economica e si può fare soltanto attraverso un meccanismo di convergenza di molti Paesi europei.

D. – Alcuni dicono che ciò che prevale in questa crisi sia più un’economia di finanza rispetto ad un’economia reale: sono considerazioni che condivide o no?

R. – No, non le condivido, perché l’economia finanziaria e quella reale spesso convergono, come nel caso della Grecia: la Grecia in questo momento ha un problema sia finanziario che economico. Se l’economia – quella reale – va male, anche quella finanziaria certamente non va meglio. E poi è difficile uscire da questo “loop”: ecco perché dico che non vanno bene né i modelli rigoristi dell’austerity a ogni costo della Germania – perché è un modello che va bene in Germania o in alcuni altri Paesi molto rigorosi – ma non va bene neanche il modello “finanziateci a oltranza” della Grecia. Ci vuole un modello europeo e su questo è possibile che l’ostacolo maggiore non sia la Germania, ma piuttosto il Regno unito e soprattutto la Francia.

D. – Dove devono puntare queste riforme?

R. – La colonna principale di queste riforme è la possibilità di federare il debito, o almeno una parte di questo: quindi di ritirare fuori quei famosi “Eurobond”, che devono servire per gli investimenti dell’Unione Europea e non i piani Juncher con pochi miliardi a disposizione per un intero continente.








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