2015-07-15 12:57:00

Maternità surrogata. Gambino: nuove forme di schiavitù


Una decisione che viola quanto stabilito dalla Corte Costituzionale. Così il giurista Alberto Gambino sulla sentenza dei giudici di Milano che ha assolto una coppia di coniugi ricorsa alla fecondazione eterologa con maternità surrogata in Ucraina, che poi ha registrato in Italia la nascita di due gemelli come propri figli. Al microfono di Massimiliano Menichetti lo stesso prof. Gambino ribadisce che strappare un bambino dal grembo di una donna è una nuova forma di schiavitù:

R. – Una pronuncia che contrasta con quanto già deciso invece dalla Corte di Cassazione che, ricordo, in Italia invece è il supremo organo giurisdizionale. La Corte di Cassazione aveva detto che la cosiddetta surrogazione di maternità è contraria all’ordine pubblico interno, in quanto va contro la dignità umana. Quindi, non si può trascrivere questo nuovo stato, tant’è che si andrebbe incontro al reato di “alterazione di stato”, dicendo che un figlio concepito all’estero attraverso una donna che poi non ne diventi madre da un punto di vista civile – perché sostanzialmente presta l’utero per tutto il periodo della gravidanza, ma poi le viene strappato dal grembo – questo in Italia, essendo vietato, non è ammissibile che poi quel bambino venga dunque riconosciuto come figlio di quella coppia che aveva chiesto la surrogazione di maternità.

D. – In questo caso ci sono più problemi. Il primo è quello nei confronti del bambino, e in questo caso la Corte di Milano parte proprio da questo presupposto, cioè cercare di dare una tutela al bambino. Dall’altra parte, c’è lo sfruttamento di una donna e prima ancora la manipolazione genetica. Come inquadrare questi tre fattori?

R. – Va inquadrato senza ipocrisia. E cioè, se il bambino c’è e convive con quella coppia che lo ha avuto da parte di un’altra donna gestante è perché l’ordinamento non ha reagito, e cioè significa che si è tollerato che questo bambino rientrasse in Italia, iniziasse a convivere con una coppia di cui certamente uno dei due non è il genitore, perché la sua mamma è all’estero: è colei che aveva partorito, per il nostro diritto. Continuando a convivere settimane, mesi forse anni con quella coppia, si arriva a un punto di non ritorno perché tutti noi ci rendiamo conto che a quel punto strappare di nuovo questo bambino da questa coppia che l’ha avuto illegittimamente sarebbe addirittura un male maggiore. Ma proprio questa è l’ipocrisia: che viceversa va bloccata sul nascere la possibilità che questo bambino venga strappato da sua madre che l’ha partorito e venga dato a una coppia che invece è illegittima. Quindi, immediatamente, non dopo mesi o anni, perché dopo mesi o anni riconosco – riconosciamo tutti – che probabilmente l’interesse migliore del bambino è continuare a vivere, a quel punto, con quella coppia.

D. – In un panorama europeo che invece si apre a questa possibilità, come si fa a intervenire?

R. – Si interviene perché comunque i cittadini italiani sono sottoposti alla legge italiana e non è che se vanno all’estero sono immuni: sono sottoposti alla legge italiana e quindi un atto vietato in Italia per un cittadino italiano è vietato anche all’estero. Questa è l’ipocrisia che viceversa si tollera: si tollera che ritorni questo bambino. Tra l’altro, immagini portare un bambino da un Paese all’altro: tutti noi sappiamo quanto sia difficile farlo entrare nelle frontiere italiane. E quindi questo significa che c’è davvero un’eccessiva tolleranza e probabilmente c’è anche un rispetto mancato delle regole e della legalità. Noi dobbiamo stare attenti: la surrogazione di maternità è una aberrazione, perché significa che un feto che vive nel grembo della mamma per nove mesi, nel momento in cui vede la luce viene strappato da quella donna: è la schiavitù del XXI secolo. E su questo non possiamo transigere.

D. – Possiamo dire che gli schiavi sono due: una mamma e un bambino che viene utilizzato in questo modo?

R. – Gli schiavi sono due, e per certi versi anche la coppia che a tutti i costi vuole avere questo figlio, in qualche modo diventa vittima della stessa vicenda, perché certamente non può vivere bene e serena una coppia che ha portato avanti una situazione a tutti i costi, contro la dignità delle altre persone.

D. – Che cosa resta della legge 40 che rimetteva ordine in quello che era un “far west” procreativo?

R. – Intanto, resta chiarissimo proprio questo divieto di surrogazione della maternità: divieto di commercializzazione degli embrioni e anche dei gameti, e quindi quando ci sono anche dei pagamenti che vengono fatti, ad esempio per l’eterologa, questo dalla legge italiana è vietato. Cioè, non si può svilire la vita umana, la dignità della vita umana a un “prezzo”, a un corrispettivo, a del denaro. A questo punto, si sta capovolgendo la nostra società: si mette al primo posto il bisogno, i denari, l’economia e al secondo posto la vita delle persone, in particolare del nascituro o del bimbo che si ha in grembo. Questo la legge 40 continua a sostenerlo. Ma dico di più: lo sostengono i principi di civiltà di tutti gli ordinamenti occidentali importanti e significativi, come quello italiano.








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