2015-07-18 11:59:00

La Caritas su Casale S. Nicola: scontri per scarsa informazione


Daspo in vista per gli autori dei disordini avvenuti ieri pomeriggio a Roma, durante le operazioni di trasferimento di 19 stranieri nella ex scuola Socrate di Casale di San Nicola. E' su questa misura che sta lavorando il questore della capitale, Nicolò D'Angelo, assieme agli investigatori della polizia di Stato per arrivare all'identificazione degli autori dei disordini. Nella struttura questa mattina è stato il direttore della Caritas della diocesi di Porto Santa Rufina, don Emanuele Giannone. Alessandro Guarasci lo ha intervistato:

R. – C’era un po’ di stanchezza… L’avvio di un’opera non è mai facile, fare gli inserimenti… Gli ospiti li ho trovati sereni, anche se un po’ spaesati: non sono ancora consapevoli del progetto che li aspetta. Ma questo ci sta, visto che siamo al primo giorno.

D. – Si tratta soprattutto di ragazzi, ma provenienti da quali aree?

R. – Cittadini del Bangladesh, del Gambia; mi hanno detto che c’erano anche giovani del Mali, ma non ho avuto modo di incontrarli e salutarli personalmente.

D. – Lei sicuramente conosce anche quella realtà sociale. Che cosa vede dietro la protesta degli abitanti di Casale San Nicola?

R. – C’è sicuramente la mancanza di informazione; c’è sicuramente la mancanza di conoscenza delle storie. Tante delle loro perplessità, tante delle loro domande – anche ragionevoli – secondo me, in un clima sereno, potrebbero trovare delle risposte soddisfacenti e non arrivare a queste situazioni di contrasto o ancora peggio – come è stato ieri – di scontro.

D. – Ma è davvero una realtà così degradata, come dicono gli abitanti, in cui 19 persone potrebbero portare - diciamo - uno stravolgimento della vivibilità?

R. – La perplessità ragionevole, che mi sembra che loro abbiano presentato, che era anche la perplessità fatta – da quello che so – da alcuni centri sociali, sta nel fatto che la struttura si trova in fondo ad una strada difficilmente percorribile e non illuminata. Ora, però, è anche vero che una strada è sì importante, ma non è un elemento che qualifica poi un centro dove degli ospiti sono chiamati a fare un percorso temporaneo in vista di una seconda accoglienza.

D. – Ieri alcuni cittadini dicevano: “Di queste persone vogliamo avere la carta di identità e il libretto sanitario!”. Ci sono queste preoccupazioni tra le persone?

R. – Una cosa da sapere è che alcuni di loro chiederanno la protezione internazionale per motivi umanitari, ma qualcuno anche per motivi di salute: quindi non tutti quelli che richiedono protezione internazionale necessariamente vengono fuori da situazioni di guerra… E forse qualcuno a questi residenti dovrebbe spiegarlo, perché loro si aspettano che o viene il siriano o viene l’eritreo oppure gli altri non siano meritevoli di protezione internazionale. Un richiedente asilo non può avere la carta di identità: un richiedente asilo deve aspettare che la Commissione si pronunci e vedere se viene riconosciuta la protezione internazionale o meno.

D. – Lei vede dei pregiudizi dovuti alla scarsa informazione, ma anche una non corretta modalità di azione da parte delle istituzioni…

R. – Dobbiamo avvicinarci alle situazione e fare in modo che la genti si guardi negli occhi per creare qualcosa di nuovo, per creare sempre comunione e comunità e non lasciare che ci siano – purtroppo! – continui fallimenti, che creano solo esasperazione nella gente, ma anche e in questa gente che viene per un futuro migliore e che spesso si ritrova in ambienti molto approssimativi.








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