È stato reso pubblico il contributo che la Conferenza delle Chiese europee e la Commissione per i migranti a essa legata (Ccme) hanno inviato alla Commissione europea nell’ambito della Consultazione pubblica “Verso una nuova politica europea di vicinato (Pev)”, che si è conclusa il 30 giugno. Secondo le Chiese europee – riferisce l’agenzia Sir - “il buon vicinato” rimanda alla “interpretazione della nozione di prossimo, il buon samaritano”, che pone in essere un “prototipo di comportamento che rispetta l’altro nella sua interezza e nei suoi bisogni”.
Guardare alle sfide dell’epoca contemporanea
A partire da questa premessa, una giusta politica di relazione tra Ue e Paesi con
essa confinanti dovrà includere “interdipendenza e consapevolezza che entrambe le
parti hanno bisogno l’una dell’altra”. Le raccomandazioni di fondo che le Chiese europee
avanzano vanno nel senso di “mantenere la Pev”, focalizzandola “sulle sfide che affronta
l’Europa oggi”, diverse da quelle del 2003, “quando la Pev è stata definita”; la nuova
politica dovrà essere “flessibile” e in grado di “riconciliare le priorità concorrenti
dei diversi Stati membri”; dovrà considerare che “la possibilità di influire nei cambiamenti
dei Paesi confinanti è più limitata che in passato”; solo se i Paesi membri e i cittadini
sentiranno la Pev “come cosa propria” le linee d’indirizzo politico potranno avere
efficacia.
La prosperità non sia priorità assoluta
Quanto alle “proposte concrete” che le Chiese avanzano per la futura revisione della
politica europea di vicinato, si chiede che “la prosperità non sia trattata come la
priorità assoluta”: le relazioni che la Pev renderà possibili dovranno “rispettare
i Paesi confinanti nelle loro diverse realtà di culture, storia, religioni e tradizioni
sociali”. Si chiede di “sfruttare il potenziale di relazioni e cooperazione tra attori
non-statali”, sostenendo maggiormente “i contatti tra le persone” e riconoscendo “il
ruolo dei partner della società civile in modo ufficiale, sostenendo i dialoghi in
ambito sociale e umanitario”. L’accento è sulla “dimensione culturale” come “fattore
decisivo” per il successo della nuova Pev.
Sostenere il dialogo interreligioso ed il rispetto per la diversità culturale
Non manca il riferimento al sostegno necessario “al dialogo religioso e al rispetto
per la diversità culturale”. Si fa poi riferimento ai giovani e alla necessità di
farli “partecipare a programmi di scambio” e renderli così “moltiplicatori di conoscenze
e di tolleranza culturale”. Da ultimo l’invito all’Ue ad affrontare la crisi umanitaria
ai suoi confini e a definire regole in ambito di migrazioni più aperte e trasparenti.
La Pev riguarda le relazioni tra l’Ue e gli Stati confinanti a Sud (Algeria, Egitto,
Israele, Libano, Libia, Marocco, Palestina, Siria e Tunisia) ed Est (Armenia, Azerbaijan,
Bielorussia, Georgia, Moldavia e Ucraina). (I.P.)
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