“Per costruire una cultura della vita, la pena capitale deve essere abolita”: scrivono così, in una nota congiunta, mons. Thomas Wenski ed il card. Sean O’Malley, presidenti, rispettivamente, della Commissione per la giustizia e lo sviluppo umano e del Comitato in favore della vita, entrambi appartenenti alla Conferenza episcopale statunitense. La nota è stata diffusa in occasione del decimo anniversario della Campagna contro la pena di morte, lanciata nel 2005 dai vescovi degli Usa.
Non si insegna a non uccidere uccidendo gli assassini
Nel documento, i presuli auspicano che nel Paese si smetta di “cercare di insegnare
a non uccidere, uccidendo gli assassini”, perché “questo circolo vizioso di violenza
sminuisce tutta l’umanità”. Certo, osservano mons. Wenski ed il card. O’Malley, nel
giro di un decennio sono stati fatti passi avanti significativi nel contrastare la
pena capitale: molti Stati americani l’hanno abolita, altri hanno attuato una moratoria
ed i numeri delle sentenze capitali sono al livello più basso dal 1976. Tuttavia,
scrivono i due esponenti della Chiesa americana, “c’è ancora un grande lavoro da fare”.
Pena di morte è inammissibile, reato contro inviolabilità della vita umana
“La pena di morte è inammissibile, si tratta di un reato contro l'inviolabilità della
vita e della dignità della persona umana”, continua poi la nota, citando la lettera
di Papa Francesco a Federico Mayor, presidente della Commissione internazionale contro
la pena di morte, diffusa il 20 marzo scorso. Di qui, il richiamo al fatto che “la
fede cattolica offre una prospettiva unica sul crimine e sulla punizione, una prospettiva
basata sulla misericordia e sulla salvezza, non sulla condanna in se stessa”. Non
importa, quindi, “quanto sia odioso il reato: se la società può proteggere se stessa
senza porre fine ad una vita umana, allora deve farlo, perché oggi c’è questa capacità”.
Riconoscere dignità umana nei colpevoli di un crimine
Quindi mons. Wenski ed il card. O’Malley ribadiscono che “siamo tutti peccatori”,
ma Gesù, attraverso la forza redentrice della Croce, “ci ha donato la vita eterna”.
La pena di morte, invece, “elimina ogni prospettiva di trasformare l’anima della persona
condannata in nuova vita”. Per questo, “l’opposizione dei cattolici alla pena capitale
si radica nella misericordia” ed è “a favore della vita, perché offre ogni opportunità
di conversione, anche al peccatore più incallito”. Esprimendo, poi, solidarietà e
vicinanza alle vittime del crimine ed alle loro famiglie, la nota congiunta esorta
a “riconoscere la dignità umana di coloro che hanno commesso un reato, poiché anche
quando devono pagare il loro debito alla società, essi devono riceve compassione e
misericordia”.
Affermare sempre la sacralità della vita
A chi, poi, vede nell’opposizione della Chiesa alla pena di morte “una certa indifferenza
nei confronti della criminalità e degli attacchi alla vita umana”, mons. Wenski ed
il card. O’Malley rispondono che non si tratta certo di questo, bensì “dell’affermazione
della sacralità della vita, anche per coloro che hanno commesso i crimini peggiori”.
Testimoniare il Vangelo della vita, della speranza e della misericordia
Infine, la nota congiunta suggerisce quattro raccomandazioni: pregare per le vittime
dei crimini, i condannati a morte e gli operatori giudiziari; stare vicini alle famiglie
delle vittime, portando loro l’amore e la compassione di Cristo; imparare gli insegnamenti
della Chiesa sulla pena capitale e farli conoscere agli altri; chiedere politiche
adeguate per proteggere la società e porre fine alla pena capitale. “Come cristiani
– conclude il comunicato – siamo chiamati ad opporci alla cultura della morte testimoniando
qualcosa di più grande e perfetto: il Vangelo della vita, della speranza e della misericordia”.
(I.P.)
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