2015-07-19 09:30:00

Alla Festa del Teatro di San Miniato in scena "Passio Hominis"


E’ in corso a San Miniato, fino al 22 luglio, la Festa del Teatro. “Passio Hominis” è la rappresentazione principale di questa 69.esima edizione dell'evento promosso dalla locale Fondazione Istituto Dramma Popolare. Sulla piazza davanti al Duomo, dove nel luglio 1944, vennero uccisi dai nazisti 55 civili, si rappresenta la Passione di Cristo attualizzata nel ‘900 italiano. Centrale, nel testo, il rapporto tra Maria, la Madre straziata, e il Figlio che per amore accetta di morire e, attraverso il dono di sé, diventa seme di una nuova umanità. Il servizio di Adriana Masotti:

Una scena scarna, in cui anche gli spettatori diventano protagonisti, coinvolti in eventi che interpellano la loro stessa esistenza. Gli attori ripropongono le ultime ore di vita di Cristo. Il linguaggio è medievale, ma comprensibilissimo, il testo raccoglie varie tradizioni orali della Passione messe per scritto da una monaca nel 1576 e 1577 e arricchito dal regista, Antonio Calenda, con riferimenti al '900 che rievocano le sofferenze dell'Italia: la Seconda guerra mondiale, il fascismo, la mafia, gli anni di Piombo e il rapimento di Aldo Moro. Sentiamo Calenda:

R. – Questo è uno spettacolo che è nato 40 anni fa. Pian piano ha girato il mondo: è stato in Canada, è stato addirittura in Australia, è stato a New York, perché dappertutto trova un afflato da parte del pubblico, perché il pubblico capisce come il messaggio evangelico si debba incarnare nel reale che ci circonda: mettiamoci in testa che la rivoluzione che porta Gesù è il riconoscimento dell’altro, la “caritas”; è il riconoscere nell’altro te stesso, l’alterità sei tu. E questo è il grande messaggio rivoluzionario.

D. – E c’è questo pianto della Madre, che fa ricordare le donne che piangono i morti di oggi …

R. – Ecco: quante madri in quante parti del mondo piangono i propri figli... Per le guerre che ci sono, per persecuzioni di tutti i tipi. Ma c’è anche qui la Mater dolorosa della nostra tradizione italiana: la Mater dolorosa, le parole di questa madre che si ribella al destino del figlio, che si meraviglia della sua dolcezza e della temperanza, è qualcosa di bello. E c’è sempre bisogno di una grande, grande attrice per interpretare questo ruolo.

Jacopo Venturiero  è il giovane attore che interpreta il Cristo. Un Cristo profondamente umano, diviso tra la pena per la propria Madre e l’accettazione della volontà di Dio che gli chiede di morire per la salvezza degli uomini. In scena muore crivellato dai colpi di una mitragliatrice. Sentiamo Venturiero:

R. – Interpretare un ruolo del genere … non si hanno punti di riferimento reali, quindi bisogna veramente essere molto molto credenti … ma forse non basta … Penso che questo sia uno spettacolo che per noi maturerà con il tempo, lentamente.

D. – E’ il Gesù della Palestina ma il Gesù di sempre, l’Innocente che dà la vita: questo è un po’ anche il significato …

R. – Sì, è vero. E' qualcosa di molto difficile da capire, oggi, forse. Sacrificarsi per un intero popolo, per gli altri, avere più preoccupazione per la sofferenza di una madre che della propria morte, affidarsi così completamente a Dio per questo sacrificio, è una cosa che umanamente non si può concepire, non si può capire. Anche per metterlo in scena, il personaggio: c’è la fede o … non lo so. Non lo so ancora. Sto cercando, facendolo …

Protagonista di “Passio Hominis” accanto a Cristo è Maria, sconvolta dal dolore della perdita del Figlio, icona di tutte le madri del mondo. Intensa l'interpretazione di Lina Sastri non nuova a dare voce al dolore delle donne:

R. – Non credo sia il destino quello di soffrire: per grazia di Dio esiste la felicità, esiste l’allegria … Diciamo che la donna conosce il segreto dell’amore, il segreto del dolore, le cresce la pancia con un figlio dentro, partorisce con dolore e quindi è madre di sangue dei figli e quindi conosce che cosa vuol dire amare senza chiedere nulla in cambio … Io credo che non ci sia niente di più doloroso della morte di un figlio, perché credo che una madre, se muore un figlio, vuole morire lei. Si sente una superstite della vita …

Il vagito di un neonato è l’atto finale dello spettacolo a significare che sono sempre la vita e la speranza ad avere l’ultima parola, nonostante tutto, nella storia dell’umanità. Il regista Calenda:

R. – E’ la resurrezione. Per me, la resurrezione è quello: è l’uomo che rinasce. E’ il miracolo della nascita.

D. – Con la speranza che la storia magari sia diversa …

R.- Lo speriamo tutti. Noi perseguiamo questo tipo di teatro che non vuole essere un teatro spiritualista in senso banale, ma problematico, perché dentro vi si deve riconoscere anche chi probabilmente non crede. Però io ho visto persone agnostiche commuoversi fortemente a questo spettacolo. E allora, a questo punto, noi teatranti - che tanto soffriamo - finalmente percepiamo che il teatro può avere una sua utilità.








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