2015-07-19 13:39:00

Burkina Faso: Compaoré accusato di alto tradimento


L’ex-presidente del Burkina Faso, Blaise Compaoré, dovrà comparire di fronte all’Alta Corte di Giustizia del Paese per difendersi dall’accusa di alto tradimento. A deciderlo è stato il Comitato nazionale di transizione, incaricato di gestire il delicato passaggio dal regime di Compaoré, deposto nell’ottobre 2014 dopo 27 anni di governo, a un sistema pienamente democratico. La decisione arriva a meno di tre mesi dalle elezioni. Giacomo Zandonini ha raccolto il commento di Giuliano Luongo, dell’Istituto di Alti Studi in geopolitica e scienze ausiliarie:

R. – Si cerca di mostrare che la nuova élite vuole dare un ulteriore colpo alla vecchia, cercando, vista la situazione corrente, di distrarre la popolazione dai problemi interni che sta avendo l’attuale governo a breve distanza dalle elezioni.

D. – Proprio le elezioni, previste per il prossimo ottobre, sono un momento fondamentale in questo processo di transizione: cosa potrà avvenire?

R. – Chiaramente, se l’attuale governo non riuscirà, volutamente o meno, a creare in questi prossimi mesi un ambiente politico vivo, che permetta l’affacciarsi di varie forze, si potranno avere due risultati: o l’avvio di un nuovo monopartitismo, oppure una nuova serie di tensioni da parte della popolazione, che già comincia a non vedere di buon occhio gran parte delle manovre fatte dalla élite attuale.

D. – La società civile ha un ruolo fondamentale in questo processo: è sufficientemente ascoltata?

R. – Sembra che, in effetti, l’onda della sommossa partita dalla società civile sia stata cavalcata da parte delle istituzioni per portare al primo cambiamento di regime, fino quasi a impossessarsene. Come abbiamo visto, non abbiamo avuto una transizione rapida. Comunque le istituzioni avviate con il Consiglio nazionale di transizione, se calcoliamo da quando c’è stata la cacciata di Compaorè, hanno impiegato praticamente un anno per avviare una nuova elezione. Se la popolazione continua ad avere la percezione di trovarsi davanti semplicemente ad élite che si alternano, a prescindere dal consenso popolare, si potrà finire in una sorta di circolo vizioso di continue sommosse, che potrà colpire criticamente la stabilità del Paese nel medio e lungo periodo. E, a lungo andare, si potrebbe colpire anche la stabilità dell’intera area.

D. – Il Burkina Faso è un elemento di stabilità nella regione: quanto è in discussione anche a livello regionale, e internazionale, questo ruolo?

R. – In effetti più si protrae l’instabilità istituzionale, più si danneggia, si ferisce, il ruolo di “base sicura” che il Burkina Faso ha nell’area. Come sappiamo, il confine nord del Paese è con il Mali, Stato del quale, purtroppo, ben conosciamo la storia recente in tema di problemi interni, di terrorismo. Abbattere un punto di stabilità significa danneggiare progressivamente l’azione stabilizzatrice, istituzionalizzante, che si cerca di portare avanti negli altri Paesi limitrofi, e quindi complicare eventualmente anche svariate operazioni di appoggio che può fare la Comunità internazionale negli altri Paesi partendo dal Burkina Faso.








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