2015-07-20 12:29:00

Al Giffoni presentato videogioco per bimbi con difficoltà di sviluppo e normodotati


“Play for inclusion” è il primo videogioco inclusivo, pensato per tutti i bambini, bambini con difficoltà di sviluppo e normodotati. A realizzarlo un gruppo di 34 ragazzi, tra i 18 e i 26 anni, selezionati da "Giffoni Innovation Hub", l’acceleratore di start-up del Festival del cinema per ragazzi in corso nella provincia di Salerno. La nostra inviata Corinna Spirito ha intervistato una delle tre ricercatrici universitarie che hanno dato vita al progetto, Francesca Postiglione:

R. – “Play for inclusion” è un progetto che mira a sviluppare un videogioco, un’avventura grafica, nel quale sono presenti attività capaci di potenziare le funzioni cognitive di base in particolare nei casi di sviluppo atipico, come ad esempio la dislessia, l’autismo, e anche nei casi di difficoltà presenti a causa di uno svantaggio socioculturale. E’ il caso per esempio dei bambini immigrati di seconda generazione. Dalla ricerca sappiamo che il potenziamento di queste strutture cognitive di base può avere un effetto positivo su funzioni superiori più complicate come quelle del linguaggio, della comunicazione e della lettura. Il perno principale di questo progetto è la parola “inclusione”. Sul mercato adesso ci sono training cognitivi finalizzati al disturbo, come il training per la dislessia o per altri tipi di problemi. Quello che vogliamo fare è creare un videogioco inclusivo, un videogioco che vada bene per tutti. E come realizzarlo? Prima di tutto, l’inizio del videogioco è caratterizzato dalla realizzazione di un profilo specifico per ogni bambino: si crea un algoritmo che va a valutare il cosiddetto “stato di salute cognitivo” del bambino, in questo modo si capisce quali siano i suoi punti di forza e di debolezza. Chiaramente, se si capisce che il bambino ha una memoria a breve termine, non nella norma, questa funzione verrà potenziata di più. Noi non ci proponiamo come strumento diagnostico o come strumento risolutivo di questi problemi: puntiamo al potenziamento cognitivo e lo facciamo attraverso una storia perché è soltanto la curiosità che può spingere all’apprendimento e questo è il valore aggiunto.

 D. – Perché è importante puntare su un videogioco che sia uguale per tutti, anziché specifico per i bambini con problemi cognitivi?

 R. – Quello che vogliamo evitare è la stigmatizzazione del disturbo, che spesso è una una conseguenza dei training cognitivi. Noi prendiamo in prestito dalla psicologia dello sviluppo il concetto di profilo di funzionamento: ognuno funziona in un determinato modo, ognuno ha un percorso personale di apprendimento. Quindi, questo progetto mira all’uguaglianza che però non è omologazione, è l’uguaglianza partendo però dal concetto opposto, dalla differenza: siamo tutti diversi e nella diversità siamo tutti quanti uguali.

 D. – Lei e le sue colleghe, Caterina Bembich e Marina Mastrogiuseppe, avete deciso di portare al Giffoni questo progetto…

 R. – “Giffoni innovation hub” è stato il viatico fondamentale per l’avvio di questo progetto. E’ il contesto forse migliore in cui iniziare i lavori. Ci hanno fornito ragazzi e ragazze molto giovani e molto molto bravi. In questo momento, stanno lavorando per lo sviluppo della nostra idea. Noi abbiamo imparato negli anni che la collaborazione, l’approccio sinergico, è quello vincente.








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