2015-07-20 13:15:00

Usa-Cuba: riaperte ambasciate, bandiera cubana sventola a Washington


Sono state ufficialmente riaperte le ambasciate di Stati Uniti e Cuba all’Avana e a Washington: gli edifici che ospitano le sezioni di interesse nei due Paesi hanno infatti riacquistato automaticamente il loro status di ambasciate alle 6.01, ora italiana, come risultato di un accordo annunciato il 30 giugno scorso, dopo lo spiraglio aperto nel dicembre 2013 dalla storica stretta di mano tra il presidente statunitense Barack Obama e l’omologo cubano Raúl Castro alle commemorazioni in Sudafrica per la morte di Nelson Mandela. A Washington, la bandiera cubana è stata issata al Dipartimento di Stato, accanto agli stendardi di altri Paesi; in programma anche una cerimonia alla presenza del ministro degli Esteri cubano Bruno Rodriguez, nella prima visita di un capo della diplomazia del governo castrista dal 1959. Le relazioni diplomatiche furono interrotte nel 1961. All’Avana non è prevista alcuna celebrazione, ma è attesa per le prossime settimane una visita del segretario di Stato Usa, John Kerry. Sull’importanza della riapertura delle ambasciate, ascoltiamo Massimo De Leonardis, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano, intervistato da Giada Aquilino:

R. – La diplomazia, intesa come arte di condurre la politica internazionale, è evidentemente un riflesso della politica estera. Se migliorano i rapporti di politica estera tra due Paesi, è ovvio che si debbano riprendere anche le relazioni diplomatiche. Direi che dal punto di vista formale è la prima misura da prendere, uno dei primi segni formali di miglioramento dei rapporti. Invece la rottura delle relazioni è una misura che andrebbe presa con estrema cautela.

D. – In questi ultimi anni come sono cambiati i rapporti tra Stati Uniti e Cuba?

R. – Credo che da entrambe le parti ci siano state delle evoluzioni. Come ha ammesso Obama, la politica di chiusura con le sanzioni non è servita a molto. Dall’altra parte, certamente il mutamento non è rilevante ma il passaggio del comando da Fidel Castro al fratello Raúl segna una timida apertura, un minimo di liberalizzazione dal punto di vista economico, mentre è tutta da vedere ancora la questione dei diritti umani. La grossa domanda, insomma, è cosa succederà nel ‘dopo’ Raúl Castro.

D. – Si tratta di relazioni piene o manca ancora qualcosa? Ad esempio la revoca dell’embargo statunitense a Cuba…

R. – Le relazioni diplomatiche, da un punto di vista formale, sono relazioni piene e qui siamo sul piano della ‘tecnica dei rapporti’, dal punto di vista del diritto internazionale. Dal punto di vista più strettamente politico, certo, manca la revoca dell’embargo, ma questo è un altro campo. Facciamo l’esempio della Russia: tra la Russia e gli Stati Uniti le relazioni diplomatiche non sono mai state interrotte, ma in questo momento Mosca è sottoposta a pesanti sanzioni. Quindi sono due aspetti, due piani diversi. Direi che la ripresa delle relazioni diplomatiche è il minimo, dal punto di vista formale, per segnalare la normalità di una situazione.

D. – Tra l’altro è necessario il voto del Congresso per togliere l’embargo imposto nel 1962…

R. – Esatto, mentre invece questo non è necessario per la ripresa delle relazioni diplomatiche. Penso che, per la questione dell’embargo, bisognerà aspettare la ripresa dei lavori congressuali in autunno e ci dovrà essere qualche segnale ulteriore nei campi economico e dei diritti umani a Cuba. E naturalmente questa questione rientrerà nel pacchetto di misure di politica estera che Obama ha preso: la più importante è la normalizzazione dei rapporti con l’Iran; ma sembra che la maggioranza del Congresso sia quantomeno perplessa.

D. – Nel viaggio di ritorno dall’America Latina, parlando delle relazioni tra Stati Uniti e Cuba, Papa Francesco ha detto che entrambi i Paesi nel negoziato “perderanno qualcosa e guadagneranno qualcosa”, sicuramente “in pace e amicizia”. Cosa ne pensa?

R. – In un negoziato certamente bisogna sempre raggiungere un punto di compromesso. In questo caso, ritengo che dal punto di vista americano la concessione sarà la rinuncia a un puntiglio, a una chiusura formale molto dura nei confronti di Cuba. Ma certamente le concessioni sostanziali nel lungo periodo dovrà farle Cuba, perché dovrà aprirsi a una prospettiva di liberalizzazione.

D. – E il ruolo della Chiesa in questo ravvicinamento qual è stato? Il Papa ha detto: “noi non abbiamo fatto quasi nulla, solo piccole cose”…

R. – Questo lo potranno dire gli storici del domani, ma oltre al ruolo della Santa Sede, bisogna pensare anche al ruolo della Chiesa a Cuba, che certamente ha favorito questa apertura. E poi non dimentichiamo che ben due Pontefici prima di Papa Francesco, che la visterà prossimamente, erano già stati a Cuba.








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