2015-07-22 14:14:00

Strasburgo su coppie gay. Mirabelli: sentenza ideologica


Si infiamma il dibattito politico in Italia dopo la sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo, che accogliendo il ricorso di tre coppie omossessuali chiede a Roma di introdurre forme per tutelare le unioni gay, anche se non si parla di matrimonio. Per il costituzionalista Cesare Mirabelli si tratta di una sentenza inserita in una visione iper-individualista con una precisa volontà ideologica e politica. Cecilia Seppia:

La Corte europea dei diritti dell’uomo condanna Roma a pagare un’ammenda di 44 mila euro a 3 coppie gay che non avevano ottenuto dal comune di residenza la possibilità di fare le pubblicazioni in vista di un possibile matrimonio e di più, impone all’Italia l’urgenza di introdurre forme per tutelare adeguatamente le unioni omossessuali, negando però il diritto alle nozze. L’articolo su cui si basa la sentenza della Corte è il numero 8 della Convenzione europea che  disciplina la tutela legale e il diritto del rispetto alla vita privata e familiare, e non il 12 e cioè il diritto di contrarre matrimonio. Tradotto: l’Italia non è costretta a far sposare coppie dello stesso sesso ma deve accelerare sul riconoscimento contemplando l’unione o persino una “partership” tra i due che intendono vivere insieme. Per le associazioni cattoliche è un altro attacco alla famiglia, un’altra sferzata al matrimonio tra uomo e donna e il consolidarsi di una logica strettamente individualista che in nome della salvaguardia dei diritti, impone nuovi "valori" che dividono, anzi disgregano il tessuto sociale e morale. In più, secondo il giurista Carlo Cardia, l’obiettivo di una parte politica ispirata alle cosiddette “teorie del gender” sembra essere un altro: assimilare - a volte esplicitamente, a volte con accorgimenti tecnico-giuridici o con escamotage lessicali - la convivenza gay al matrimonio, con l’inevitabile conseguenza di aprire la strada all’adozione di bimbi da parte di coppie omossessuali. Qui si aprirebbe però un’altra violazione, di diritti elementari, riconosciuti solennemente dalle Carte internazionali in materia di paternità e maternità. Sulla questione, la politica si spacca: Pd, Movimento 5 Stelle, Sel e Scelta Civica premono per regolamentare le unioni gay, Ncd e Fi frenano. La presidente della Camera Laura Boldrini chiede al Parlamento di non rinviare più, anzi di esprimersi chiaramente su un tema così centrale. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi promette invece che la legge verrà approvata entro l’anno. 

Al microfono di Cecilia Seppia, il giurista e presidente emerito della Corte Costituzionale, Cesare Mirabelli, traccia un quadro della sentenza:

R. – La Corte di Strasburgo non fa riferimento all’art. 12 della Convenzione europea sui diritti dell’uomo: l’art. 12 stabilisce che uomini e donne, in età matrimoniale, hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia. Perciò non è questo il diritto che viene affermato, ma fa invece riferimento all’art. 8 della Convenzione che sostiene il diritto al rispetto della vita privata e familiare. Si può discutere della correttezza di questo richiamo, ma certamente vi è una differenza che la Corte Europea ammette tra il matrimonio e queste convivenze stabili.

D. - C’è chi sostiene che dietro questo omettere il termine matrimonio e quindi questa differenza che lei, appunto, citava tra l’art. 8 e l’art.12, in realtà ci sia la volontà di nascondere qualcosa: sembrerebbe un cavillo per tenere buoni i cattolici…

R. – In realtà bisogna stare attenti, perché non è sufficiente – diciamo così – evitare la parola “matrimonio” e ripeterne la disciplina sostanziale con – mi permetterei di dire – un’ipocrisia legislativa: si tratta di realtà diverse che vanno diversamente e appropriatamente disciplinare. E’ vero che l’art.8 è interpretato in maniera molto estensiva, perché ci dice che ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza e quindi a non intrusioni nell’ambito della vita personale. Qui andiamo in realtà oltre le non intrusioni, ma dobbiamo anche prendere atto che il diritto alla riservatezza e il diritto alla privacy è stato utilizzato da molte corti in maniera non dico estensiva, ma del tutto ampliativa della portata di questo diritto. Basti pensare che la sentenza della corte americana che ha ammesso l’aborto, faceva riferimento al diritto al rispetto della vita privata e della privacy… Qui un richiamo all’attenzione di tutti: se i diritti fondamentali si ampliano a categorie molto nuove e si ancorano al sentire sociale e alla storicità del suo divenire, c’è il rischio di logorarli e di togliere quello che è lo stesso fondamento della loro intangibilità.

D. – Infatti sembrerebbe ci sia una nuova sferzata, in qualche modo, ai valori e di più al tessuto familiare che – diciamo così – di valori ne contiene tanti…

R. – Si inserisce in una visione – direi – iper-individualista, con l’affermazione - con tutte le conseguenze - della volontà personale come sostituivo di una realtà ontologica.

D. – Secondo lei, questa sentenza che scenari apre in Italia? Ricordiamo che il ministro Boschi ha detto che il primo sì del Senato al ddl in materia di unioni civili arriverà per settembre: quindi l’Italia, in qualche modo, si sta muovendo in questa direzione…

R. – E sembra possibile, anzi è evidente, che viene fatto e può esser fatto un uso politico di questa sentenza. Per quanto riguarda l’Italia è in discussione al Senato un disegno di legge, una discussione abbastanza vivace… Ci sono delle criticità: attenzione a non farsi prendere la mano e cioè a non ritenere dovuto quello che dovuto non è! Si tratta di regolare in maniera appropriata e rispettosa – rispettosa di tutti! – e di disciplinare rapporti che nascono in questo ambito di convivenza, rapporti personali e patrimoniali, appunto…

D. – C’è chi ha detto che la motivazione giuridica alla base di questa sentenza è, in qualche modo, debole; mentre c’è una volontà politica forte che è al servizio di una agenda specifica, che stravolge un po’ i diritti umani originari…

R. – Questa volontà è politica, ideologica e sociale. Se vediamo i mezzi di comunicazione mi pare siano largamente orientati non solo al sostegno, ma anche alla promozione di questa tendenza individualista. Ripeto: la tutela di diritti personali e di rapporti che nascono nell’ambito di una convivenza solidaristica rientra - questo obiettivo - in una legittima previsione legislativa. L’assimilare questo al matrimonio, soprattutto quando coinvolge il diritto di terzi – penso alla filiazione, che è impossibile nell’ambito di una convivenza omosessuale – non mi sembra possa essere imitata da forme inappropriate di adozione, di affiliazione o di torsioni di altri istituti.








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