2015-07-26 08:29:00

Unioni gay. Dalla Torre: famiglia penalizzata, invertire rotta


In Italia, è sempre più acceso il dibattito in Parlamento e nella società civile sull’approvazione di una legge sulle unioni gay. Nei giorni scorsi, inoltre, la Corte di Strasburgo ha censurato la legislazione italiana per mancanze in materia di unioni civili. Un pronunciamento, tuttavia, che non obbliga affatto l’Italia ad approvare le “nozze gay” come qualche mezzo di stampa ha voluto far credere. Sul dibattito in corso e i risvolti sociali, Alessandro Gisotti ha intervistato il giurista Giuseppe Dalla Torre:

R. – La nostra Costituzione fa riferimento al bene comune e il bene comune è il bene di tutti, non è il bene strettamente individuale. Il riferimento al bene comune mi sembra molto importante, in relazione tra l’altro proprio al tema della famiglia. Ci si preoccupa molto, infatti, di tale questione delle unioni civili e non ci si preoccupa affatto delle condizioni effettive, giuridiche ed economiche, della famiglia. L’art. 31 della Costituzione dice che l’Italia protegge la famiglia, ma ho l’impressione che nella concretezza del diritto vivente la famiglia, in molti casi, sia piuttosto penalizzata rispetto a quelle che sono le previsioni delle legislature ordinarie, quindi rispetto agli individui e ai singoli. Credo che un’inversione di rotta sia necessaria.

D. – Secondo lei, c’è anche un tasso di argomentazione ideologica in questo dibattito? Pensiamo, per esempio, alla questione dell’adozione dei bambini; uno degli argomenti spesso utilizzati è questo: "meglio avere due padri o due madri che stare in orfanotrofio"…

R. – La contraddizione ideologica certamente c’è ed è una contraddizione di carattere specifico, ma anche di carattere più generale, nel senso che oggi è singolare notare una sorta di schizofrenia, non soltanto da noi in Italia, tra - da un lato - un richiamo esasperato alla natura – pensiamo nell’ambito dell’ecologia – e dall’altro, invece, una distinzione tra natura e cultura, che è tipico di tutto il dibattito gender, che è collegato poi anche al discorso delle unioni civili e del matrimonio gay. Tutto questo naturalmente mette in evidenza, o svela, che cosa? Svela la presenza di una forte componente ideologica, certamente minoritaria, tra l’altro nell’ambito della nostra società e del dibattito che si sta ravvivando sempre di più.

D. – Lei faceva riferimento al gender. Al riguardo, in questi giorni, una sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito che per cambiare sesso sul documento di identità non è necessaria un’operazione chirurgica. Si faceva riferimento in particolare al caso di un transessuale. Ecco, anche qui si scuotono in qualche modo le fondamenta del diritto come finora lo abbiamo inteso…

R. – Non solo ma questa ultima decisione è l’ultima manifestazione di un orientamento della giurisprudenza, in particolare della Cassazione, ma non solo della Cassazione, sempre più evidente, cioè la cosiddetta “giurisprudenza creatrice”, giurisprudenza che interviene non solo laddove le norme non sono intervenute, laddove il legislatore è assente, ma addirittura una giurisprudenza che va contro il diritto vigente. A me pare di avere studiato nel diritto costituzionale una disposizione della Costituzione, che dice che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Allora, “soltanto alla legge” significa però che alla legge sono soggetti! Ebbene la legge in questa materia c’è: c’è una legge sul cambiamento di sesso, che prevede l’intervento di tipo chirurgico. Allora o il legislatore cambia la legge o i giudici debbono rispettare la legge.








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