2015-07-28 14:40:00

Borse cinesi in calo: crescita rallentata e divari sociali


Ancora in calo le Borse cinesi nella giornata di oggi ma con perdite contenute: Shangai cede l’1,68%,Shenzhen l’1,41. In mattinata si era temuto il peggio anche se i dubbi degli analisti e degli investitori restano specie sulla validità delle misure che il governo ha messo in campo, con una nuova iniezione di liquidità e continui acquisti di azioni. Ieri il tonfo della borsa a -8,5% che ha spaventato il mondo e che rispecchia una fase particolare dell’economia del colosso asiatico che potrebbe coinvolgere tutto il mondo. Come leggere quanto accaduto? Gabriella Ceraso lo ha chiesto a Cecilia Attanasio Ghezzi caporedattore del sito China Files e corrispondente da Pechino per la rivista Internazionale:

R. – Nell’ultimo anno la Borsa cinese è cresciuta del 150%. Questo aveva già portato diversi analisti ad accendere un campanello d’allarme, perché si sa che quando la Borsa cresce a dismisura poi sicuramente crolla.

D. – Quindi quanto avvenuto è stato un ridimensionamento o è stata una battuta d’arresto?

R. – Entrambe le cose. È stata una battuta d’arresto: si è venduto molto, il crollo, se si vedono i grafici, è verticale questo è chiaro. Detto ciò, siamo ancora a +70% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Se vogliamo la cosa è più grave a livello politico: questa leadership ci ha messo la faccia su questo cambiamento epocale dell’economia cinese in cui la finanza acquista maggiore forza e potenza; e nonostante tutte le misure che ha preso a seguito del primo crollo del 12 giugno scorso, non è riuscita ad arginare la discesa.

D. – Proprio a proposito di questo, cosa ci dice in generale? Significa quindi che immettere liquidità di continuo e proteggere i mercati da tutto non è una politica che poi alla fine premia?

R. – Ci dice che bene o male è difficile governare la Borsa, perché significa governare le paure delle persone e il panico che si diffonde dai mercati e dà poi credito all'idea liberista che il mercato debba autoregolarsi. Allo stesso tempo, non sappiamo cosa sarebbe successo se il governo cinese non avesse bloccato la vendita di titoli.

D. – Ma la realtà delle Borse si dimostra anche in questo caso tanto distante da quella che è l’economia e la situazione reale di un Paese: pensiamo anche alla grandi sacche di povertà che la Cina ha e le possibilità di acquisto e di spesa reale, il livello insomma di vita che c’è nel Paese…

R. - Questo è un altro dei grossi scogli che si trova ad affrontare l’attuale leadership. Cresce molto l’economia generale, cresce il Pil pro capite dei cinesi, ma anche vero che aumenta a dismisura la forbice tra chi è molto ricco e chi è molto povero. E di fatto questa vicenda delle borse cinesi, a prescindere da come andrà a finire, ne è un esempio perché qui chi conosceva la Borsa, ovvero i grandi investitori hanno cominciato a comprare prima e quindi hanno venduto durante quello che è stato il boom, durante questl’anno in cui c’è stato il boom delle borse cinesi e sono cresciute del 150%. Loro vendevano e hanno fatto margine di guadagno; chi ha acquistato, preso dall’euforia generale, sono i piccoli investitori, sono loro che adesso si trovano a dover vendere a prezzi stracciati e quind a perdere.

D. - La situazione reale del Paese Cina, può darcene un'idea?

R. - L’economia cinese è sicuramente rallentata, ma cresce; questo significa che il Paese sta entrando in un periodo di transizione: esaurisce la grossa quantità di manodopera a buon mercato, i salari aumentano, aumentano le rivendicazioni sindacali e di fatto le aziende devono diventare più efficienti per sopravvivere e puntare molto sull’innovazione. Questa è la grossa sfida che si trova di fronte la Cina adesso. Se la vince, siamo tutti tranquilli. Le quattro aziende, per esempio, più importanti del mondo sono quattro banche cinesi, la Repubblica popolare importa dal resto del mondo più di 1.500 miliardi di dollari, quindi se il sistema cinese implode si porta appresso buona parte dell’economia mondiale.








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