2015-07-30 12:29:00

Francia-Iran, Fabius a Teheran: al via la distensione


Si è svolta ieri la visita di Stato del ministro degli Esteri francese Laurent Fabius in Iran, la prima per un rappresentante dell’Esagono dal 2003. A due settimane dalla firma dell’accordo sul nucleare, Parigi preme per ristabilire buone relazioni con un partner commerciale importante, lasciandosi alle spalle decenni di incomprensioni. Un auspicio confermato dal presidente iraniano Rohani, che visiterà la Francia il prossimo novembre. Nicola Pedde, direttore dell’Institute for Global Studies, spiega l’importanza di questo momento al microfono di Giacomo Zandonini:

R. – Questa è una visita che si inserisce nel solco del pragmatismo francese, che ha sempre caratterizzato le relazioni tra Iran e Francia. Parigi è sempre stata animata da una politica sostanzialmente anti-iraniana e filo-araba, senza tuttavia mai disprezzare le opportunità economiche che l’Iran, a più riprese, ha offerto all’industria francese. In quest’ultima fase del negoziato, in particolar modo, si era registrata una politica di netta chiusura da parte della Francia, soprattutto in virtù dei rapporti con l’Arabia Saudita, quindi della richiesta da parte dell’Arabia Saudita di boicottare in ogni modo il processo negoziale conclusosi a Vienna. La Francia aveva, da questo punto di vista, ottemperato alla richiesta, lasciando tuttavia intendere agli iraniani che, qualora il negoziato fosse andato in porto, la Francia avrebbe comunque manifestato interesse nella prosecuzione delle relazioni commerciali. Quindi, questo viaggio è sostanzialmente la conclusione di questo strano pragmatismo francese. La Francia, dopo aver boicottato sistematicamente il negoziato, si presenta a Teheran per battere cassa. Va a battere cassa chiedendo sostanzialmente una grossa fetta dell’industria automobilistica iraniana e una buona parte dei programmi relativi alla telefonia mobile nel Paese.

D. – Sembra che ci siano disponibilità da parte dell’Iran, per lo meno a livello formale, a migliorare le relazioni con il Paese…

R. – È sicuramente nell’interesse dell’Iran quello di aprire alla Francia e quindi di riconquistare la Francia nel novero degli alleati politici ed economici, perché questo significa sottrarli alla rete di influenza dei Paesi rivieraschi del Golfo, soprattutto le monarchie: quella saudita, degli Emirati Arabi Uniti. Che tuttavia le relazioni politiche della Francia riprendano a navigare a gonfie vele con l’Iran - come fu in passato - credo che non sarà possibile, almeno nell’immediato.

D. – Il rapporto, in passato per lo meno, privilegiato di Israele con la Francia ha pesato anche sui negoziati: cosa sta succedendo adesso?

R. – Sicuramente Israele ha una grande capacità di influenza sull’esecutivo francese, e sicuramente la Francia ha adottato molte delle linee indicate da Tel Aviv nell’ambito della sistematica opposizione al negoziato esercitata dai francesi. Credo tuttavia che la maggiore capacità di influenza rimanga quella saudita. Pesano nel rapporto tra Parigi e Tel Aviv alcune divergenze, non di poco conto, su alcuni dossier delicati – soprattutto in relazione ai rapporti con i palestinesi, ad Hamas e quant’altro… E quindi credo che in quest’ambito la politica francese tenda a mantenere un profilo di indipendenza che, sebbene sia alimentato da interessi economici, sia meno premiante rispetto a quello che invece la lega a Riyad.

D. – Per quanto riguarda l’area, attraversata da grandi conflitti, da più parti è arrivata la speranza che questo accordo possa portare una maggiore stabilità. Un ruolo francese nell’area, anche a livello di strategia geopolitica, esiste?

R. – Nell’ambito di questo contesto regionale il ruolo della Francia è marginale. La Francia ha interessi essenzialmente economici, molto blandi da un punto di vista politico, e ancor più blandi da un punto di vista militare. Il grosso del ruolo francese si limiterà ad una presenza economica, con una scarsa capacità politica di esercizio della politica estera e soprattutto con una quasi nulla ormai capacità di spinta militare nell’ambito di quelle che sono poi le principali operazioni in corso nell’area e soprattutto quelle di lotta al fenomeno del terrorismo.

D. – La visita di Fabius arriva poi subito dopo la visita della rappresentante della politica estera dell’Unione Europea, Mogherini: è un gesto isolato quello della Francia rispetto alla comunità europea?

R. – No, di fatto ognuno dei grandi Paesi europei si sta organizzando per attivare il proprio rapporto bilaterale con l’Iran. C’è in questo momento una spinta molto veloce e concreta nel riportare a Teheran delegazioni politiche e commerciali. Quelle della Francia è senz’altro una delle più importanti dal punto di vista della composizione, ma non è né la prima né sicuramente sarà l’ultima. Ci saranno nel corso delle prossime settimane una serie di ulteriori visite, e credo che prima della fine dell’estate la gran parte dei Paesi avrà non solo visitato Teheran, ma anche discusso su come riaprire a Teheran una missione centralizzata di rappresentanza dell’Unione.








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