2015-07-31 12:44:00

Cina e Iran i Paesi con più condanne a morte. Santa Sede: colpisce più deboli


E' stato presentato a Roma il Rapporto 2015 dell’Associazione “Nessuno Tocchi Caino” sulla pena di morte. Tra i Paesi che hanno eseguito più esecuzioni al mondo figurano la Cina, almeno 2400 nel 2014, ovvero il 67% del totale, l’Iran (almeno 800) e l’Arabia Saudita (88). Ce ne parla Davide Dionisi:

L’evoluzione positiva verso l’abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre quindici anni, viene confermata nel 2014 e nei primi sei mesi del 2015. E' quanto emerge nell’ultimo rapporto elaborato dall'associazione Nessuno tocchi Caino. I Paesi che hanno deciso di abolirla sono oggi 161. L’Asia si conferma essere il continente dove si pratica la quasi totalità delle esecuzioni, mentre gli Stati Uniti, sono l’unico Paese del continente americano che ha compiuto esecuzioni nel 2014 (33) e nei primi sei mesi del 2015 (17). In Africa, lo scorso anno, la pena di morte è stata praticata in 4 Stati, mentre in Europa, l’unica eccezione in un continente altrimenti libero dalla pena di morte è rappresentata dalla Bielorussia. Nonostante venga considerato da più parti uno strumento di vendetta e non di giustizia, nel rapporto figurano Paesi culturalmente avanzati che ancora la applicano. I motivi nella testimonianza di Flaminia Giovanelli, sottosegretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e Pace:

R. - Credo che questi Paesi gli argomenti tradizionali a favore della pena di morte trovano ancora terreno fertile. Questi argomenti sono in realtà di natura essenzialmente pragmatica: sarebbe una specie di legittima difesa della società, dal punto di vista morale. Invece, dal punto di vista sociologico, avrebbe una funzione preventiva di dissuasione. In realtà noi sappiamo bene che non è provato minimamente l’effetto dissuasivo.

D. - La pena di morte non riduce i reati e colpisce soprattutto i più deboli. E’ possibile punire in modo efficace l’attività criminale evitando una sanzione di per sé contraria al diritto primario all’esistenza?

R. – Certamente, il fatto che colpisca i più deboli è uno degli argomenti a favore dell’abolizione della pena di morte. Io credo che bisognerebbe studiare dei sistemi in modo da dare maggior peso a questo aspetto riabilitativo della pena, quindi appunto del reinserimento tramite il lavoro, tramite l’accompagnamento psicologico, ma anche molto tramite l’accompagnamento spirituale.

D. - Con la pena di morte il colpevole viene considerato una persona fondamentalmente votata al male quindi irrecuperabile, al di là delle moratorie come cambiare questo approccio?

R. – L’atto criminale è un atto di natura estremamente complessa. Qui si cerca di semplificare tutto e in realtà se uno si ferma a pensare a quanti possono essere gli aspetti che spingono all’atto criminale, aspetti culturali, aspetti di carattere sociologico … ci sono tanti aspetti. Finché non si capisce la complessità dell’atto criminale, io credo che si continui a pensare che chi compie questi atti sia fondamentalmente irrecuperabile. Ma se ci si ferma a riflettere sulle componenti che spingono le persone ad agire in un determinato modo, io penso che l’approccio possa essere diverso. Basti pensare, ai nostri giorni, a tutta la violenza che viene veicolata tramite i mass media, i videogiochi… C’è veramente da pensare che l’atto criminale non sia un atto del tutto proveniente dalla volontà del criminale.








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