2015-07-31 14:19:00

Pedopornografia: rete internazionale operava nel deep web


Ennesima operazione della polizia postale italiana contro una rete di pedofili, con ramificazioni internazionali, gestita da un italiano. Contenuti pedopornografici sono stati individuati nel cosiddetto “deep web”, il lato sommerso della rete dove confluiscono informazioni e materiali illegali di vario genere. Su questo turpe fenomeno, Grazia Serra ha intervistato don Fortunato Di Noto, fondatore dell’associazione “Meter”, in prima linea contro la pedopornografia:

R. – La produzione del materiale con bambini reali, lo scambio del materiale stesso, sia video sia foto, ormai passa attraverso il cosiddetto “deep web”, il mondo sommerso di internet, dove il traffico criminale, soprattutto quello riguardante i bambini, è molto florido. Di conseguenza, l'associazione Meter segnala più volte come il pagamento arrivi con il 'bitcoin', cioè con queste nuove forme che sembrano virtuali ma che invece sono guadagni veri e propri su questo scempio che avviene sui bambini. Quindi nuovi mercati, nuove aperture. Bisogna necessariamente rivedere forse anche l’azione di contrasto e di repressione nei confronti di questo crimine contro l’infanzia.

D. – E’ proprio nel “deep web”, nel lato oscuro della rete, che la pedofilia continua sempre più indisturbata la sua opera. Può darci dei dati sulla dimensione del fenomeno?

R. – Il fenomeno del “deep web” è un fenomeno estremamente incontrollabile: un dato certo non lo possiamo avere se non soltanto attraverso le segnalazioni. Io parlo della nostra realtà associativa: se pensiamo al report 2014, abbiamo segnalato circa 700 mila, tra video e foto, coinvolgendo 400 mila bambini circa. Però stiamo parlando sempre di bambini da 0 a 12 anni perché il fenomeno della pedopornografia e della pedofilia si nutre dei bambini al di sotto dei 12 anni. Quindi già questo dato dovrebbe far scattare una molla di protesta sociale, di protesta politica, culturale, di un’intenzione nuova di come dobbiamo contrastare il fenomeno. Qui non è il problema di chiudere il sito, non serve a nulla. Qui il problema è individuare i bambini, dare loro un nome e un cognome, dare giustizia. E’ veramente un fenomeno così globale che questa ultima operazione mostra come la struttura della pedocriminalità si sviluppi sempre sulla pelle e sulla carne dei bambini.

D. – Il sequestro del materiale pedopornografico garantisce che in futuro le immagini non circolino più?

R. – No, assolutamente, non c’è nessuna garanzia. L’unica garanzia è che il materiale sequestrato possa diventare trattabile: attraverso dei database che gli inquirenti hanno a disposizione - ma dovrebbero essere rese un po’ più pubblici questi dati - la speranza più grande è individuare i bambini. Se dobbiamo essere onesti, alcuni bambini sono stati individuati proprio perché sono state rese “pubbliche” le foto dei bambini anche a distanza di una decina di anni. Se non diamo un nome e un cognome, il vertice di questa nuova forma di schiavitù - lo voglio ripetere: è una nuova forma di schiavitù molto estesa, pericolosa ma soprattutto strutturata - il circolo vizioso, di morte, di sfruttamento sarà sempre costante.








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