2015-08-03 13:14:00

Nord Kivu: si allarga la minaccia dell'estremismo islamico


Non conosce tregua il Nord Kivu, la provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo che, a oltre dieci anni dalla fine della guerra nel Paese africano, continua ad essere sconvolta dalle violenze. Ad agire, con attacchi, rapimenti e massacri all’arma bianca, gli estremisti islamici delle Forze democratiche alleate (Adf-Nalu) provenienti dall’Uganda, dove dal ’95 si oppongono al presidente Yowei Museveni, ma che hanno installato le proprie basi soprattutto in territorio congolese, nella zona di Beni. Nelle ultime settimane l’esercito di Kinshasa ha intensificato i rastrellamenti a tappeto, a caccia dei miliziani che nella zona hanno già provocato 400 morti, ma nei villaggi dell’Est le loro azioni proseguono. Ce ne parla Anna Bono, africanista dell’Università di Torino, intervistata da Giada Aquilino:

R. – Questo gruppo che, tra l’altro, è uno dei primi formatosi - la sua nascita risale al 1995 - è nato per rovesciare il regime di Yoweri Museveni, il presidente dell’Uganda, ma sin dall’inizio ha creato le sue basi e si è insediato invece nella vicina Repubblica Democratica del Congo. Prima di tutto per un motivo di opportunità, perché nelle zone montuose, remote, per niente controllate - anche adesso non lo sono a sufficienza, come dimostrano gli eventi in corso - hanno trovato il modo di creare delle basi sicure dalle quali possono agire indisturbati. In secondo luogo, c’è anche da dire che, come per altri gruppi e movimenti, la ‘convenienza’ di agire nella Repubblica Democratica del Congo sta anche nel prendere parte al traffico illecito, al contrabbando di minerali e materie prime preziose, di cui il Congo è estremamente ricco.

D. – Ci sono, quindi, interessi economici e commerci illegali dietro questi movimenti?

R. – Più che interessi economici. Altri gruppi – praticamente tutti – si finanziano anche grazie, e soprattutto, al contrabbando. In questo modo e anche in altri, come il bracconaggio, le estorsioni ed i saccheggi a spese della popolazione, tali movimenti si autofinanziano e possono continuare le loro attività: con questo denaro vivono, comprano armi, munizioni e anche la complicità soprattutto di funzionari amministrativi e dell’esercito.

D. – Di fatto, quindi, l’instabilità che regna nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo favorisce il sorgere, il propagarsi di movimenti di questo tipo…

R. – Certamente. E’ una regione che - nonostante, ufficialmente, il Paese sia in pace, ormai da 12 anni - non conosce sicurezza. In questo momento il gruppo che più preoccupa è l’Adf-Nalu, ma i movimenti si contano a decine nella Repubblica Democratica del Congo.

D. – Ci sono anche alleanze jihadiste transnazionali?

R. – Questo è l’aspetto relativamente nuovo, che aumenta la preoccupazione. Questo gruppo, tra l’altro, ha cambiato nome di recente: da Forze democratiche alleate-Esercito nazionale per la liberazione dell’Uganda a Difesa internazionale islamica. Ciò già è indicativo di un eventuale cambiamento nelle strategie della formazione. Si ha motivo di credere, da informazioni di intelligence, che in effetti il gruppo abbia stabilito contatti con gli al Shabaab: il gruppo jihadista, che opera da quasi 10 anni in Somalia, è legato ad al Qaeda, ma di recente si sospetta intenda lasciare al-Qaeda e diventare alleato del sedicente Stato Islamico.

D. – In Congo, che è un Paese a maggioranza cristiana, si corrono quindi rischi di derive integraliste?

R. -  Sì. È vero che al momento questo gruppo colpisce soprattutto una parte del Paese, che è un Paese molto esteso, ma negli ultimi anni questa presenza, che comunque si è intensificata. Al di là del fatto che la minoranza islamica abbia raggiunto il 10 per cento della popolazione, è notizia recentissima - data da ‘Aiuto alla Chiesa che Soffre’ - che esistano nella zona dove opera questo movimento integralista tre campi di addestramento per giovani: in essi, circa 1500 ragazzi vengono addestrati al jihad, sia addestrati al combattimento sia educati all’ostilità nei confronti dell’Occidente e alla guerra ad oltranza per imporre la sharia, tanto per cominciare nel Congo.








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