2015-08-07 15:33:00

Torino: muore durante un TSO. Sul caso aperta un'inchiesta


Chiedono che sia fatta piena luce sulla vicenda i familiari del 45enne che ieri a Torino è deceduto durante un intervento di Trattamento Sanitario Obbligatorio. “Se verranno rilevate responsabilità personali saranno perseguite con la massima severità”, la rassicurazione immediata del sindaco Piero Fassina. Un caso, quello di ieri, non isolato. Per un approfondimento sulle modalità del ricovero obbligatorio in psichiatria, Grazia Serra ha intervistato Gisella Trincas, presidente onorario dell’Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale (Unasam):

R. – La proposta di Trattamento sanitario obbligatorio deve essere fatta da un medico, convalidata da un secondo medico, autorizzata poi dal sindaco del territorio competente e convalidata dal giudice tutelare, che dovrebbe anche assumere tutte le informazioni del caso. Ci sono una serie di garanzie legali che dovrebbero assicurare che quel trattamento sanitario sia veramente necessario e che tutte le strade che dovevano essere intraprese per raggiungere il consenso e la partecipazione alle cure della persona con disturbo mentale grave, sono state seguite, allora si attiva un trattamento sanitario. Ma con modalità precise…

D. – Quanti Tso vengono eseguiti in Italia? Esiste un monitoraggio?

R. – Questo è un dato che noi non abbiamo. Ci dovrebbe essere un monitoraggio da parte dei Dipartimenti di Salute Mentale e questo dato dovrebbe essere portato a conoscenza del Ministero della Salute.

D. – In alcuni casi, giunti anche alla cronaca nazionale, il trattamento sanitario obbligatorio si è concluso con il decesso del paziente…

R. – E questo è qualcosa di assurdo! Non può morire una persona mentre viene eseguito un trattamento sanitario. C’è qualcosa che non va nelle modalità di intervento, nella capacità degli operatori della sanità e delle forze dell’ordine.

D. – Gli operatori sanitari sono adeguatamente formati per gestire un trattamento sanitario obbligatorio, anche dopo nel reparto psichiatrico?

R. – La questione è abbastanza complessa e riguarda tutto il sistema della salute mentale e quindi ha a che fare con l’organizzazione dei servizi. Noi come associazione dei familiari registriamo che mancano tante figure professionali, che mancano risorse finanziarie, che non si è in grado di rispondere in maniera adeguata e tempestiva ai molteplici bisogni che una persona, che vive la condizione della sofferenza mentale, esprime. C’è una responsabilità del governo, delle Regioni che non attuano dei programmi adeguati rispetto ai bisogni delle persone in salute mentale. La salute mentale è la cenerentola del sistema sanitario: è il sistema più povero!

D. – Cosa si dovrebbe fare per tutelare le persone con problemi di salute mentale, anche durante il momento del ricovero in Trattamento sanitario obbligatorio?

R. – La persona deve ricevere degli aiuti concreti, orientati alla ripresa, alla restituzione dei diritti e delle possibilità. Va indagata la situazione personale: se quella persona ha bisogno di una casa, di un impegno lavorativo, di relazioni sociali… L’intervento non può essere prevalentemente di tipo ambulatoriale, medico o farmacologico. Perché così non si va da nessuna parte. Poi è chiaro che i Tso non sono tutti cosi, per fortuna! Perché noi conosciamo dei servizi in cui, anche durante un Trattamento sanitario obbligatorio, si rispettano le persone e si cerca di attivarlo sempre con un consenso e con una adesione. Serve che il Governo consideri la questione della salute mentale come priorità assoluta in questo Paese. Questo non vuol dire che si tratti di un problema di emergenza sociale, legata alla presunta pericolosità delle persone, ma significa che lo Stato deve garantire ai cittadini la tutela della propria salute mentale. 

 








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