2015-08-09 11:42:00

Appello del Papa contro le violenze nel Salvador


Al termine dell’Angelus il Papa ha invitato i fedeli a pregare per la popolazione del Salvador. Il Paese centroamericano, patria del beato Oscar Romero, è da anni dilaniato dalle violenze delle “maras”, gang giovanili che controllano vasti territori e si scontrano in una sanguinosa lotta contro lo Stato. Sentiamo le parole del Papa nel servizio di Michele Raviart:

“Seguo con viva preoccupazione le notizie che giungono da El Salvador, dove negli ultimi tempi si sono aggravati i disagi della popolazione a causa della carestia, della crisi economica, di acuti contrasti sociali e della crescente violenza. Incoraggio il caro popolo salvadoregno a perseverare unito nella speranza, ed esorto tutti a pregare affinché nella terra del beato Oscar Romero rifioriscano la giustizia e la pace”.

L’ultimo episodio di violenza risale a questa mattina, quando un agente di polizia è stato assassinato da due uomini armati al confine con l’Honduras. Si tratta del quarantesimo poliziotto ucciso da gennaio dalle cosiddette “maras”, bande di gangster che in questi giorni hanno paralizzato il Salvador, imponendo uno sciopero dei trasporti pubblici. Le “maras”, 60 mila persone in un Paese con 6 milioni di abitanti, hanno ucciso nel primo semestre di quest’anno quasi tremila persone. La loro strategia è quella di alzare il livello di violenza per costringere lo Stato a negoziare una tregua, come spiega il giornalista Luis Badilla:

R. – In diversi momenti si è cercata una soluzione alla questione in base a una tregua con le “maras”, ma normalmente queste tregue si sono rivelate inefficaci perché questi gruppi giovanili utilizzano questi momenti per rinforzare il loro apparato militare, perché operano come apparato militare.

D. – Qual è il loro rapporto con il tessuto sociale e politico del Paese?

R. – Una delle caratteristiche delle “maras” nel Salvador e in altre città del mondo dove operano – perché le “maras” operano negli Stati Uniti, in California, a Chicago ma anche in Italia, in particolare in Lombardia – è quella di avere un ferreo controllo sul territorio e perciò in quel contesto una delle caratteristiche con le quali operano in Salvador è sottoporre a controllo militare ferreo il trasporto pubblico, gli uffici pubblici, per intimorire la gente e per dimostrare quale sia il loro potere. Loro hanno un metodo simile a quello mafioso, per quanto riguarda il controllo del territorio. Solo che mentre quello mafioso è piuttosto subdolo, il controllo che le “maras” esercitano sul territorio è assolutamente evidente, palese e feroce.

D. – Qual è il ruolo della Chiesa?

R. – La Chiesa in Salvador da sempre si è mobilitata in favore di questa riconciliazione, di un dialogo nella verità e nella giustizia, come diceva mons. Romero. In questi giorni, la figura del Beato Romero viene ricordata proprio per questo: perché lui chiamava tutti alla pace e alla riconciliazione. Il problema è che le “maras” non obbediscono, non ascoltano nessun tipo di appello: né quello della Chiesa cattolica o di altre Chiese cristiane, tantomeno quello del governo. Infatti, si tratta di un fenomeno molto singolare, forse in gran parte sottovalutato dalla comunità internazionale, e io interpreto così l’appello del Santo Padre: che la comunità internazionale possa dare un aiuto al Salvador a mettere fine a questo fenomeno!

In questo clima di violenza anche la Chiesa locale ha lanciato un appello alla pace. “Chiamiano tutti i fedeli a rafforzare la propria fede e a mantenere viva la speranza, confidando nella misericordia divina”, ha detto l’arcivescovo di San Salvador, Josè Luis Escobar, nel corso di una Messa nella cattedrale della capitale.








All the contents on this site are copyrighted ©.