2015-08-09 14:30:00

Giornata Popoli Indigeni: 370 milioni di persone a rischio


“Dobbiamo impegnarci tutti per migliorare la salute e il benessere dei popoli indigeni”. E’ questo il messaggio del segretario delle Nazioni Unite Ban Ki-moon in occasione della Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni, che si celebra questa domenica in tutto il mondo. Istituita nel 1994, la Giornata vuole promuovere i diritti delle comunità native del pianeta, spesso vittime di discriminazioni e schiacciate da interessi economici. Giacomo Zandonini ne ha parlato con Francesca Casella, direttrice di "Survival International":

R. – I popoli indigeni contano almeno 370 milioni di persone, rappresentano addirittura il 6 per cento della popolazione del nostro Pianeta e sono distribuiti in più di 70 nazioni diverse. Hanno saputo sviluppare delle tecniche efficaci per sopravvivere anche nelle regioni più remote e inospitali della terra: abitano nelle foreste, nelle praterie, nei deserti, ma anche tra i ghiacci perenni. Alcuni oggi sono ormai indistinguibili dalle società che li circonda; molti conservano, invece, completamente la loro identità distinta, pur vivendo da secoli a contatto o al fianco dei colonizzatori; altri invece rappresentano sicuramente le società più vulnerabili del nostro Pianeta e non hanno ancora oggi alcun contatto con il mondo esterno. Sono piccole tribù – se ne contano almeno 100 in tutto il mondo – che rischiano di perdere, anche semplicemente con un contatto, la loro vita e il loro futuro; non hanno sviluppato - per esempio - resistenze immunitarie contro le malattie da noi comuni come l’influenza o il morbillo, che possono sterminarli in un batter d’occhio.

D. – Si parla di berberi, di yazidi, di eschimesi, di popolazioni distribuite in tutto il mondo. Quali sono le minacce che si trovano di fronte?

R. – Una cosa che li accomuna tutti tragicamente è un passato fatto di stermini e massacri che all’epoca avvenivano nella totale indifferenza del resto del mondo. Oggi qualcosa è cambiato, perché l’opinione pubblica, in molti casi, ha cominciato a riconoscere l’inalienabilità dei loro diritti e il valore delle loro culture. Tuttavia le società industrializzate, oggi come allora, continuano a sottoporli a violenza genocida, a schiavitù e a razzismo, per poterli derubare di terra, risorse e forza lavoro nel nome del progresso e della civilizzazione. Alcune delle minacce più gravi vengono anche semplicemente dai pregiudizi. I popoli indigeni hanno, infatti, sviluppato stili di vita largamente autosufficienti e straordinariamente diversi: molti dei farmaci che utilizza la medicina occidentale e alcuni degli alimenti base del mondo ci vengono da loro ed hanno salvato milioni di vite, ma continuano ad essere descritti come arretrati e primitivi, semplicemente perché i loro modi di vivere comunitari sono differenti.

D. – Proprio per far conoscere le problematiche dei popoli indigenti, voi come “Survival” avete lanciato un progetto di comunicazione. Di cosa si tratta e a chi è rivolto questo progetto?

R. – Il progetto “Tribal Voice” consiste nel portare le ultime tecnologie in materia di comunicazioni in quei territori in cui i popoli indigeni non hanno accesso ad internet per poter permettere loro di comunicare quasi in tempo reale con il resto del mondo, denunciando – per esempio – non appena avvengono le invasioni dei loro territori, le violazioni dei loro diritti, atti di brutalità, ma anche per far conoscere e testimoniare le loro culture e i loro valori.

D. – Si tratta di temi che sono il cuore della nuova Enciclica di Papa Francesco. Qual è la vostra impressione e come avete accolto queste parole del Papa?

R. – Ovviamente con grande favore. Il Papa ha riconosciuto – per esempio – il ruolo fondamentale che i popoli indigeni hanno nella conservazione e il loro legame fortissimo con le loro terre. Non dobbiamo dimenticare che una delle gravi minacce che i popoli indigeni vivono è anche lo “sfratto” dai loro territori, effettuato nel nome della difesa dell’ambiente: vengono cacciati dalle terre, che loro hanno contribuito a mantenere ricchissime di biodiversità, nel nome di una protezione dell’ambiente che in realtà senza di loro non può che fallire. Ecco, il fatto che nell’Enciclica si riconosca questo loro legame fortissimo col territorio e il ruolo cruciale che possono giocare nella difesa dell’ambiente è sicuramente straordinario. Il Papa, ad un certo punto, riconosce che la terra per loro non è un bene economico, “ma un dono degli antenati che in essa riposano”. Quindi è uno spazio sacro del quale loro hanno bisogno per alimentare la loro identità e i loro valori. Noi speriamo questa nuova visione dei popoli indigeni, il rispetto che essa spinge ad avere nei loro confronti, possa davvero diffondersi perché è quello di cui loro hanno bisogno e che chiedono.








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