“Oggi si apre un nuovo capitolo nella lunga storia dei rapporti tra la Chiesa e lo Stato di Timor Est”. Con queste parole, il cardinale Pietro Parolin ha salutato la firma, a Dili, dell’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica timorese. La cerimonia è stata il culmine di una giornata fitta di appuntamenti per il segretario di Stato, che sta compiendo una lunga visita in Oriente. Il racconto della giornata nel servizio di Alessandro De Carolis:
Una giornata di celebrazioni religiose e civili, riflesso sia della storia che il Vangelo ha scritto in 500 anni a Timor Est – grazie alla generosità di chi iniziò ad annunciarlo in questa terra – sia del presente e del futuro che Chiesa e Stato timoresi si sono formalmente impegnati a costruire assieme, fondando l’intesa sul riconoscimento e la diffusione dei valori cristiani. Si può inquadrare così l’intensa sequenza di momenti che hanno scandito le ore vissute a Dili dal cardinale Pietro Parolin, alla vigilia della solennità dell’Assunta.
Accordo per il bene di Timor
Attorno al tavolo che ha radunato le delegazioni vaticana
e governativa si è consumato l’atto solenne della firma dell’Accordo tra la Santa
Sede e la Repubblica democratica di Timor Est. Il documento impegna entrambe – si
legge nell’art. 1 – “alla reciproca collaborazione” in vista dello “sviluppo integrale
delle persone nella giustizia, nella pace e per il bene comune”. Nel discorso ufficiale
che ha accompagnato la firma, il cardinale segretario di Stato ha sottolineato, citando
il Preambolo dell’Accordo, che “fin dall'inizio, per 500 anni, ‘nella sua dimensione
culturale e umana, la Chiesa cattolica a Timor Est ha sempre saputo assumere con dignità
le sofferenze del suo popolo, ponendosi al suo fianco”
nella difesa dei “diritti elementari” e dedicandosi al contempo alla promozione “spirituale,
sociale, culturale e nel settore dell'istruzione” di tutto il Paese. Un “rapporto
unico”, “molto apprezzato dalla Santa Sede”, che – ha soggiunto il cardinale Parolin
– viene “sancito e chiaramente affermato anche nella Costituzione di Timor Est”. Prendendo
poi la parola alla cena di gala offerta dalle autorità timoresi, il porporato ha ulteriormente
messo in risalto come l’Accordo appena siglato dimostri la volontà della Chiesa e
dello Stato di far convergere “fede e cultura”, laddove – ha affermato – “la storia
ha dimostrato, purtroppo, che quando questa convergenza viene trascurata o data per
scontata, vi è la tendenza per la fede e la cultura a divergere” in modi talvolta
così drastici “che i diritti fondamentali della persona umana sono relativizzati,
dimenticati o addirittura negati”.
Religiosi, Beatitudini e gioia
Di marca più spirituale e fraterna la prima parte
della giornata, che il cardinale Parolin ha trascorso con religiosi che operano a
Timor Est. All’omelia della Messa concelebrata con loro, il segretario di Stato ha
espresso a più riprese la stima per “l’immensa generosità” dei loro predecessori a
servizio dell’annuncio di Cristo. E ricordando le parole di Papa Francesco, il porporato
ha ripetuto che un’autentica vita religiosa deve rendere visibili le Beatitudini di
Gesù. Esse, ha indicato, sono “forme concrete di misericordia vivente” e “raccontano
esattamente ciò che il Signore chiede ai suoi discepoli, e quello che si aspetta da
voi”. In breve, ha osservato, “ci dicono di amare tutti, dare tutto, perdonare tutti
e non giudicare nessuno, ma se stessi”. Inoltre, condividendo il pranzo con i religiosi,
il cardinale Parolin ha esortato tutti, sempre sulla scorta del Papa, ad avere la
“gioia” come faro guida del proprio ministero, perché questo è il cuore dell’Anno
della vita consacrata.
Giovani, “cuore libero” di Timor Est
In serata, il segretario di Stato ha incontrato i
giovani timoresi nello stesso luogo in cui, 26 anni fa, Giovanni Paolo II invitava
l’isola – dieci anni prima del referendum per l’indipendenza dall’Indonesia – a “essere
sale della terra e luce per il mondo”. Voi, ha detto ai giovani, “siete nati o cresciuti
in un Paese che ha ottenuto l'indipendenza grazie al sacrificio di altri prima di
voi. Ora – li ha spronati – è il vostro turno di dimostrare il vostro impegno” accanto
a coloro che sono impegnati “per il futuro del vostro Paese”. Come consegna, il cardinale
Parolin ha lasciato le parole di Francesco in risposta a un giovane paraguayano, diventate
presto un inno in tutto il mondo: avere un “cuore libero” da "tutti i lacci del mondo”.
E accennando, in conclusione, alla Croce dei giovani che ha attraversato Timor Est
per le celebrazioni del cinquecentenario, il segretario di Stato ha detto: avete imparato
che “non c'è amore senza sacrificio, che non c'è risurrezione senza croce”, vivete
dunque “una vita di speranza e di coraggio, una vita di responsabilità e di impegno,
una vita di sacrificio e di amore. In questo modo sarete sale e luce “per questa amata
terra, costruirete il futuro della vostra nazione”.
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