È salito a 112 morti e oltre 700 feriti il bilancio delle vittime dell'esplosione
di un deposito di sostanze chimiche nella città portuale di Tianjin, in Cina, avvenuta
nella notte tra mercoledì e giovedì scorso. I dispersi sono 95, almeno 85 dei quali
pompieri che erano impegnati nelle operazioni di spegnimento dell’incendio. Ingenti
i danni a circa 17 mila famiglie e 1.700 imprese. Intanto è allarme per la presenza
nei depositi andati in fiamme di “diverse centinaia” tonnellate di cianuro di sodio,
sostanza che è stata rilevata in almeno due punti dell’area colpita dallo scoppio.
Si temono contaminazioni e le autorità cinesi hanno ordinato l'immediata evacuazione
di altre zone residenziali entro 3 km dall'esplosione.
Polemiche e indagini sull’accaduto
Il cianuro di sodio è un prodotto chimico altamente
tossico che può formare un gas infiammabile a contatto con l'acqua. In precedenza,
i media statali hanno detto che il magazzino esploso stoccava 700 tonnellate di questa
sostanza. La gigantesca esplosione è infatti avvenuta dopo 40 minuti dalla segnalazione
di un incendio nel deposito e dopo che numerosi pompieri erano accorsi sul posto e
presumibilmente avevano gettato acqua sulle
fiamme. Ieri famigliari dei pompieri dispersi si sono presentati ad una conferenza
stampa delle autorità, chiedendo informazioni sui loro cari, mentre si sta sollevando
una polemica circa la risposta iniziale all’incendio e l’esposizione dei vigili del
fuoco al materiale pericoloso senza le adeguate informazioni. Al momento, è al lavoro
un team di 217 esperti per fare luce sull’accaduto e 3000 soldati sono stati inviati
nella zona del disastro per pulire eventuali fuoriuscite di materiali pericolosi.
Nel frattempo Pechino ha oscurato decine di siti web con critiche alla gestione dell'emergenza
e sull'assistenza alle vittime. (M.G.)
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