2015-08-16 13:00:00

Sacro Eremo e Monastero di Camaldoli: l’estate sui monti della fede


Mille anni di storia e non sentirli. In vacanza tra natura, fede e cultura. E’ ciò che offre la comunità dei monaci benedettini di Camaldoli, nell’Appennino tosco-romagnolo, fondata da San Romualdo dieci secoli fa. La comunità monastica, immersa nella pace della foresta, vive nella ricerca di Dio nella preghiera e nel lavoro aprendosi alla condivisione con gli uomini e le donne del nostro tempo attraverso l’ospitalità. Alessandro Filippelli ha intervistato padre Giuseppe Cicchi priore del Monastero di Camaldoli:

R. – Noi siamo molto contenti di essere in questa situazione. Siamo stati collocati in questa foresta magnifica che ci circonda, ci abbraccia, per lodare il Signore e per incontrare gli uomini e le donne di oggi, ai quali offriamo la nostra testimonianza semplice di preghiera. Le persone vengono qui, noi le ospitiamo nella nostra foresteria, sia del monastero sia dell’eremo, e vengono a pregare insieme a noi, ad ascoltare un po’ le nostre meditazioni sulla parola di Dio, a cantare insieme con noi la Liturgia delle Ore.

D. – Proponete esperienze di ospitalità fatta di preghiera, “lectio divina” e silenzio. Proviamo ad analizzare questi aspetti nello specifico:

R. – La preghiera e la “lectio divina” per noi sono in una continuità molto stretta, perché la nostra preghiera sgorga dalla meditazione della Parola di Dio. Così cerchiamo di educare anche le persone che vengono qui con noi. Proprio in questi giorni c’è anche un gruppo di famiglie e cerchiamo di pensare la Parola di Dio con loro, di educarli alla “lectio divina”, perché la “lectio divina” diventa poi anche un modo non solo di interpretare la Scrittura ma anche di calarla nella vita.

D. – Padre, cosa pensa delle forme di vita monastica a "tempo"?

R. – Questa, per noi, è una prospettiva diversa da quella che ognuno di noi ha abbracciato, finora, nella nostra comunità. Capisco che oggi, quando questo “per sempre” spaventa, noi non la contempliamo nel nostro ordinamento; però, potrebbe essere anche una provocazione… Uno nella propria vita potrebbe anche trascorrere un tempo di vita più impegnata o più dedicata alla ricerca di Dio e alla preghiera.

D. – I giovani sono ancora attratti dalla vita monastica camaldolese?

R. – Io direi di sì! Noi vediamo diversi di giovani. Alcuni, poi, intraprendono anche la nostra vita. La sperimentano … Noi abbiamo un legame stretto con gli studenti universitari cattolici, con la Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana), e siamo rimasti colpiti anche noi stessi della loro serietà, della loro attenzione, della loro intensità di preghiera e anche di riflessione culturale che portano avanti.

D. – Nella vita della regola eremitica, più volte, tornano i verbi “custodire” e “coltivare” che Papa Francesco rimarca nell’Enciclica “Laudato si’” …

R. – Noi ci ritroviamo benissimo e ringraziamo anche il Papa per aver dato questa Enciclica alla Chiesa: noi ci ritroviamo appunto abbracciati dal Creato e cerchiamo, anche nelle nostre piccole scelte quotidiane, di rispettare il Creato. Noi, per tanti secoli, abbiamo custodito questa foresta che ancora oggi ci aiuta a vivere nello Spirito, perché ci sia un’armonia non solo nel cuore, ma anche nel Creato. Il monaco ha bisogno di questo: quello che coltiva nel cuore sia coltivato anche all’esterno. Credo che l’Enciclica di Papa Francesco ci aiuti molto a stabilire questa corrispondenza tra interiore ed esteriore.








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