2015-08-28 14:20:00

Dramma immigrazione, Perego: priorità è salvare le persone


Non solo la rotta balcanica o il Mediterraneo, i trafficanti di esseri umani agiscono in tutta Europa, oggi nel  Surrey, in Inghilterra, la polizia ha fermato un camion con a bordo 27 migranti a una stazione di servizio. Di oggi anche la posizione della Casa Bianca: “L'Europa dovrebbe fermare i trafficanti che sfruttano i migranti – afferma Washington - e assicurare il rispetto dei diritti umani”. Ma cosa può fare l'Europa?  Al microfono di Elvira Ragosta, mons. Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes della Cei: 

R. - È un dramma che rileva come le migrazioni forzate, le persone in fuga continuano il loro cammino. Quindi diventa ancora fondamentale che il salvataggio delle persone via terra e via mare sia una priorità. Il numero di morti, cresciuto rispetto allo scorso anno già di oltre il 50 percento, sta a dire che anche l’azione europea che ha sostituito Mare Nostrum - e che non ha tenuto presente questa nuova tragedia che sta avvenendo via terra - va ripensata. Va ripensata e rafforzata. Un secondo elemento importante è che occorre combattere un traffico che non è soltanto via mare, ma è anche via terra e che sta vedendo le diverse mafie dei Paesi europei impegnarsi effettivamente per sfruttare questo nuovo canale di guadagno, già alto precedentemente. Una terza riflessione riguardo queste morti è che queste vittime portano con loro i segni di violenza, di maltrattamenti, di stenti. Occorre quindi non solo pensare al salvataggio, ma accompagnare queste persone; queste morti ci dicono come la necessità di canali umanitari sia ancora un’urgenza fondamentale.

D. - Al vertice balcanico di Vienna, la cancelliera tedesca Merkel ha esortato ad una maggiore solidarietà tra gli Stati europei e la Commissione ha un piano per visitare i Paesi interessati da questi flussi di migranti e di profughi. Come ripensare la risposta europea? Quale dovrebbe essere nell’immediato il provvedimento più efficace per rispondere a questa enorme emergenza umanitaria?

R. - Credo che il primo aspetto importante sia puntare sulla libera circolazione dei richiedenti asilo, dei rifugiati dopo il loro riconoscimento. Senza questo, il rischio è che ancora una volta salgano dei muri come sta avvenendo, che ci sia una chiusura, che vada a rischio sostanzialmente anche Schengen e quindi non solo il diritto d’asilo, ma anche quello alla migrazione economica all’interno della stessa Europa. Credo che sia molto importante, prima di tutto, lavorare sul superamento di Dublino per la libera circolazione. La cancelliera Merkel e la Germania hanno già dato un chiaro segnale in questo senso prendendosi tutti i siriani e non rimandandone, per esempio, 45mila verso l’Italia, da dove erano passati lo scorso anno. È un segnale molto forte che dice come la libera circolazione dovrebbe impegnare tutti gli Stati europei verso un piano di accoglienza strutturato che sia effettivamente capace, secondo i numeri che sono già stati annunciati, di raddoppiare le accoglienze all’interno del nostro Paese europeo. Questo però richiede la crescita di una cultura dei diritti, della solidarietà all’interno dell’Europa e il superamento di paure che purtroppo invece stanno vincendo ancora su una ragionevolezza di diritto.

D. - Secondo lei, l’Europa, gli europei, sono pronti a questo cambio di rotta?

R. - Credo che sia molto importante sia sul piano della cultura che dell’informazione dare il peso di queste accoglienze. Parliamo di un milione di persone all’interno di un Paese - quale è l’Europa - di circa 500 milioni di persone. Sappiamo che vicino ai luoghi delle tragedie della guerra come la Siria, Paesi limitrofi come il Libano, la Giordania, la Turchia stanno accogliendo due milioni, un milione di persone. Quindi è chiaro che l’Europa deve dare un segnale importante da questo punto di vista anche a fronte di questi Paesi che stanno subendo il peso più grande di questa accoglienza. Dall’altra parte però è importante che ogni Paese strutturi l’accoglienza; questa azione richiede degli investimenti che l’Europa stessa ha messo a disposizione di alcuni Paesi come l’Italia, la Grecia, la stessa Ungheria, l’Inghilterra, la Francia e la Germania e soprattutto il coinvolgimento non solo della politica ma della società civile in questa grande azione di solidarietà che è anche una prova importante dell’Europa dei diritti. È chiaro che queste morti poi, questa accoglienza che l’Europa deve fare, non porta a dimenticare la necessaria azione sul piano diplomatico internazionale perché ritorni la pace e la sicurezza in questi Paesi da cui provengono queste persone in modo tale che queste possano avere il diritto di tornare nella propria terra.








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