2015-09-01 15:53:00

Istat. Cresce Pil e occupazione. Renzi: le riforme servono


Arrivano buone notizie sul fronte economico. Per l’Istat la disoccupazione a luglio scende al 12% e il Pil viene rivisto al rialzo rispetto alla stima precedente. Giampiero Guadagni:


 
Accenni di crescita per l'economia italiana. L'Istat segnala la disoccupazione al 12%, il tasso più basso dal luglio 2013, anche per quanto riguarda i giovani. Si amplia però il divario tra nord e sud. Buone notizie anche sul fronte della crescita. Il prodotto interno lordo cresce nel secondo trimestre dell'anno un po' più del previsto: 0,3% rispetto al trimestre precedente; 0,7% su base annua: si tratta dell'aumento tendenziale più alto da quattro anni.
Esulta il premier Renzi, che in un video messaggio su Youtube commenta: l'Italia è ripartita, non siamo ancora la maglia rosa della crescita, ma siamo tornati nel gruppo grazie al percorso di riforme.

Ma per Forza Italia  il Jobs act non ha avuto effetti. Il Movimento 5 Stelle punta il dito contro la creazione di posti di lavoro poco dignitosi. E per Sel la ripresa è lontana.  Freddo anche il presidente di Confindustria Squinzi, per il quale la crescita è ancora insufficiente e comunque dipende da fattori internazionali. Più dura la segretaria della Cgil Camusso che accusa Renzi di fare solo propaganda.

 

Dunque, l’economia cerca di rialzare la testa dopo sette anni di recessione. Adriana Masotti ha sentito l’economista dell’Università Cattolica di Milano, Giacomo Vaciago

R. – Anzitutto, il comunicato Istat odierno promette anche molti più dati in futuro: inizia dicendo che l’Istat, d’ora in poi, mensilmente darà molte più indicazioni. Ci sono state polemiche estive riguardo le diverse fonti di statistiche sul mercato del lavoro, e quindi c’è l’impegno dell’Istat – e del suo nuovo presidente - a migliorare la qualità dell’informazione. Dai grafici del comunicato odierno, si vede che non è solo l’ultimo mese ad essere andato bene; è effettivamente più di un anno che la situazione migliora, e quindi è comprensibile che il governo attuale rivendichi a sé il merito. In realtà, sappiamo che ci sono state riforme e soldi  pubblici, in termini di riduzione del costo del lavoro, per le assunzioni maggiori e/o a tempo indeterminato. E quindi, non è un caso che il mercato rifletta questi provvedimenti e questi miglioramenti. Non c’è da essere euforici, perché le dimensioni dei problemi da risolvere sono ancora enormi. Sono i primi successi che misurano l’efficacia degli strumenti adottati, nonostante una crescita bassa: attenzione, l’Istat rivaluta un pochino la prima stima che era uscita qualche settimana fa - ha portato lo 0,3 allo 0,4; lo 0,2 allo 0,3 – però, finché parliamo di decimali, gli effetti sull’occupazione non possono essere elevati, perché le aziende hanno la priorità di recuperare produttività. È chiaro che dobbiamo tornare a crescere al 3 per cento se vogliamo che il problema della disoccupazione - soprattutto quella giovanile - nel giro di qualche anno abbia una soluzione, come già avviene nei Paesi più robusti o più cresciuti di noi.

D. – Io sottolineerei quello a cui lei accennava: cioè non c’è soltanto più occupazione, ma c’è anche un’occupazione diversa, nel senso che è cresciuta quella a tempo indeterminato, e questo forse è proprio l’effetto più immediato del “Jobs Act” e delle riforme…

R. – Certamente la prima delle motivazioni che avevano portato a questa riforma era quella di contrastare il crescente dualismo tra “protetti” e “non protetti” sul mercato del lavoro. Sempre più i nostri giovani trovavano un lavoro precario; e viceversa, quelli di una certa età - assunti a suo tempo nel settore pubblico, ma anche in quello privato con il tempo indeterminato - erano difficilissimi da licenziare. Adesso lo spirito della riforma, come da anni invocato dalle migliori pratiche degli altri Paesi – guardiamo all’Inghilterra, alla Germania e alla Francia – è appunto quello di riunificare il mercato del lavoro. E questo è sicuramente quello a cui stiamo assistendo.

D. – Che cosa c’è da fare adesso, perché questi dati positivi si consolidino nell’occupazione e nel Pil?

R,. – Beh, ovviamente l’obiettivo è la crescita. Se il Pil non torna a crescere al 2, 3 per cento, come sapevamo fare fino a vent’anni fa, la possibilità di riassorbire i due milioni di disoccupati nel giro di qualche anno è minima. Abbiamo assolutamente bisogno di tornare a crescere in termini di produttività, e qui c’è molto da fare sull’efficienza del sistema. 

D. – Quindi fisco, burocrazia ecc… È tutto quanto il sistema economico che deve migliorare….

R. – Assolutamente sì. Ricordo sempre la giustizia, la pubblica amministrazione, la sicurezza, insomma la risoluzione dei problemi man mano che ci sono: non basta parlarne, ci voglio anche rimedi, cioè politiche e interventi, possibilmente assieme ai partner europei.








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