2015-09-01 14:20:00

Libia: Boko Haram invia rinforzi allo Stato islamico


Gli impianti di gas a Mellitah, in Libia, sono stati assaltati e conquistati da un gruppo armato chiamato "I rivoluzionari dell'area occidentale". Lo riferisce il quotidiano on line Libya Herald, ma si attende una conferma ufficiale. Intanto, desta preoccupazione anche la notizia dell’invio di 200 miliziani di Boko Haram a Sirte per rinforzare le postazioni del sedicente Stato Islamico, mentre l’inviato dell’Onu, Bernardino Leon, è a Istanbul per mediare con il governo di Tripoli al fine di riportarlo al tavolo con le altre fazioni libiche. Ma sull’intervento degli integralisti nigeriani in Libia Marco Guerra ha raccolto il commento dell'analista strategico Alessandro Politi:

R. - Data la scarsa consistenza della gente inviata è un intervento simbolico e significa anche che Boko Haram si può permettere di spedire dei combattenti in trasferta. Non è esattamente qualcosa che si fa se si hanno dei problemi. Quindi il primo indicatore è che in Nigeria, ancora, per le forze governative le cose non vanno affatto bene, perché altrimenti Boko Haram non si sarebbe potuta permettere questo lusso. Però è un lusso largamente dimostrativo. Quello che conta è la capacità dei gruppi jihadisti libici di reclutare in blocco, di cambiare schemi di alleanze, di allargare la base del consenso. Questa è la loro forza, come sempre è stato per tutte queste formazioni, a cominciare da quelle che operano nell’area che ormai possiamo chiamare “Sir-aq”, non ci sono più la Siria e l’Iraq, ma c’è questa entità in mezzo che ha fuso i due confini.

D. – E il gruppo jihadista ha organizzato a Sirte anche una parata militare alla stregua delle sfilate viste a Mossul e a Raqqa. Com’è la situazione in città? Quella dello Stato Islamico in Libia è ancora una presenza simbolica o inizia ad essere una realtà strutturata?

R. – Una parata è semplicemente una roba di propaganda per tirare su il morale ai propri combattenti e anche fare impressione all’estero. Però, insomma, le guerre non si vincono con le parate. Le stime sulla presenza dei combattenti, per quanto incerte, passano nel giro di un anno, due, dagli 800 iniziali agli stimati 3mila di adesso. Qualcuno parla di 5mila… Io su queste stime sarei sempre estremamente cauto perché è chiaro che la propaganda jihadista, come tutte quelle di formazioni irregolari, tende a gonfiare moltissimo i numeri. Però è una presenza che si sta espandendo.  Bisogna poi vedere quanto dal punto di vista operativo questo riesca ad avere degli effetti ma questo dipende anche dalle forze delle altre fazioni libiche, da quanto sono efficaci. Se mi ricordo che prima Haftar veniva presentato come la persona capace di risolvere il problema delle fazioni jihadiste, mi pare che per ora ci sia qualche limite.

D. – Il rischio potrebbe essere legato anche al fatto che volontari stranieri ed europei inizino ad affluire in Libia oltre che in Siria e in Iraq…

R. – Questo non è un rischio ma una ragionevole certezza. Dove ci sono focolai, è chiaro che arrivano anche persone che pensano di poter contribuire in questo modo a questa dubbia causa. Quanto poi questi volontari riescano a fare la differenza è tutto da vedere, anche qui non è scontato. Alcuni magari possono avere conoscenze utili, altri non sono che carne da cannone.

D. – L’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Bernardino Leon, incontra oggi a Istanbul i rappresentanti del parlamento di Tripoli, l’obiettivo è convincerli a partecipare alle nuove sessioni di dialogo giovedì e venerdì a Ginevra. Potrebbe esserci una svolta diplomatica?

R.  – Le svolte diplomatiche a volte avvengono senza che nessuno dei protagonisti le sospetti. La mediazione di Leon è estremamente tenace però bisogna vedere qual è la maturità degli attori politici sul campo. Spesso gli attori politici tendono a tenersi il proprio guadagno senza volersi mettere in discussione con una controparte, piuttosto che raggiungere un risultato positivo per tutti quanti.


D.  – Finché non ci sarà un accordo per un governo di unità nazionale, l’instabilità  gioverà ai jihadisti?

R. – Sì, più continua l’instabilità più i jihadisti hanno nuovi spazi di manovra. Questo è assolutamente ovvio. In questo momento in Libia siamo in una situazione del tutti contro tutti. E’ una situazione che non è soltanto di instabilità, è di completa disgregazione del Paese. Se non si riesce a trovare tra i principali attori un accordo per quello è il controllo del territorio, la fusione delle milizie in un esercito che sia vagamente una guardia nazionale e una ragionevole distribuzione dei profitti del petrolio, questa situazione purtroppo andrà avanti.








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