Le scuole cristiane in Israele lanciano un forte allarme. Gli istituti rimarranno chiusi in questi primi giorni dell’anno scolastico per contestare le politiche dello Stato ebraico, considerate discriminatorie, e che prevedono sensibili diminuzioni dei contributi pubblici agli istituti. Si tratta di una situazione che sta mettendo a rischio l’importante funzione sociale che le scuole svolgono nei confronti delle famiglie cristiane e non cristiane. Giancarlo La Vella ne ha parlato con padre Marwan Dedes, direttore generale delle Scuole della Custodia francescana di Terra Santa:
R. – Bisogna parlare soprattutto della storia delle nostre scuole cristiane in Terra Santa. Bisogna dire che le primissime – prima dello Stato di Israele o di quello giordano o inglese – erano state create dai conventi, dai frati e delle suore che erano in missione qui. Dunque, abbiamo una lunga storia di servizio accademico per i nostri scolari cristiani e anche quelli non cristiani. Di solito, la legge israeliana dà sussidi alle scuole private e non private in base a tantissimi criteri che riguardano: il numero degli studenti, gli spazi, il numero dei docenti, il numero degli impiegati … Ora il governo israeliano ha deciso di diminuire questi aiuti; queste scuole accolgono più di 10 mila ragazzi! La retta scolastica a carico dei genitori non arriva a coprire nemmeno il 50% delle spese necessarie per ogni ragazzo: praticamente dipendiamo dal sussidio che prendiamo dal governo e lì nasce il vero problema. Le condizioni per poter prendere i sussidi che si davano prima, e che si dovrebbero dare ancora, non possono essere da noi accettate facilmente, perché limitano la libertà della scuola cristiana privata nel suo lavoro e nel suo modo di agire.
D. - Da voi ci sono studenti cristiani ma anche musulmani. Quindi la scuola ha un importante ruolo di coesione nel tessuto sociale …
R. – Le nostre scuole – e parlo delle scuole cristiane, non solo della Custodia, ma di tutte le congregazioni che ci sono in Terra Santa – sono sempre state aperte a tutti. In alcune ci sono addirittura ragazzi ebrei. Ma in genere la popolazione scolastica è composta da cristiani e musulmani che vivono bene insieme, in sintonia e in quei luoghi possiamo trasmettere i nostri valori comuni: fratellanza, pace, amore, carità, volontariato … Oltre a questo, facciamo un servizio accademico, che potrebbe portare – e porta di fatto – i ragazzi verso le università migliori. Quindi noi stiamo offrendo anche una futura qualità di lavoro. Le decisioni dei governo, quindi, danneggiano molto la coesione che c’è tra i nostri studenti, ma non solo il tessuto sociale, ma anche il loro stesso futuro.
D. - Lei pensa che ci sia la possibilità di dialogare con il governo israeliano e arrivare ad un accordo?
R. - Il segretario generale per le scuole cattoliche, padre Abdel-Masih Fahim, sta portando avanti delle trattative con il governo israeliano. È lui che segue tutta la causa come rappresentante di tutte le scuole, cattoliche e non cattoliche, cioè di tutte le scuole cristiane israeliane nei territori della Terra Santa. Il dialogo è ancora aperto e noi abbiamo ancora speranza.
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