Dottrina e pastorale sono legate come la preghiera e la vita. Così, in sintesi, Papa Francesco nel videomessaggio inviato al Congresso Internazionale di Teologia a Buenos Aires, svoltosi nel centenario della Facoltà di teologia dell’Università Cattolica Argentina e nel 50.mo anniversario del Concilio Vaticano II. Nel suo intervento, per la tre giorni di lavori, il Pontefice ha sottolineato l’importanza della memoria delle origini per poter affrontare con dinamismo le sfide del quotidiano, gioiosi nell’amore di Cristo. Massimiliano Menichetti:
Teologo è del popolo, credente, profeta
Memoria, studio e preghiera intrecciati alla concretezza della vita, dell’annuncio
di Cristo. E’ la sfida che Papa Francesco ha ribadito ai tanti teologi riuniti per
il Congresso Internazionale a Buenos Aires. Il teologo è principalmente figlio del
suo popolo - ha spiegato - che “incontra le persone, le storie”, conosce “la tradizione”.
“E’ l’uomo che impara ad apprezzare quello ha ricevuto come un segno della presenza
di Dio”. Il teologo “è un credente” - ha proseguito - “che ha esperienza di Gesù Cristo
e ha scoperto che senza di lui non può vivere”. Il teologo è un profeta perché riflettendo
“la tradizione che ha ricevuto dalla Chiesa”, “mantiene viva la consapevolezza del
passato”, creando l’invito al futuro in cui Gesù sconfigge l’autoreferenzialità e
la mancanza di “speranza”. Centrale è la preghiera, via e realtà “tra passato e presente,
tra il presente e il futuro”.
La memoria della Tradizione
Francesco ha sottolineato l’importanza di recuperare
“la memoria del passaggio di Dio” nella “vita della Chiesa”, per sconfiggere divisioni
e tentazioni. Guardando ai 100 anni della Facoltà teologica e ai 50 dal Concilio Vaticano
II ha tracciato il legame tra tradizione e presente, tra studio e testimonianza in
un “Cattolicesimo” che abbraccia tutto il tempo per poter essere “vero” e “autentico”.
Ha spiegato che non può esistere una “Chiesa particolare isolata”, con la “pretesa
di essere proprietaria e unica interprete della realtà e dell'azione dello Spirito”;
così come - ha detto - non ci può essere una Chiesa universale che “ignora”, “rinnega”
la realtà locale. Centrale è la tradizione
della Chiesa definita “fiume vivo” che risale alle origini e si proietta verso il
futuro, che “irriga” terre diverse, e “alimenta” varie aree geografiche del mondo”.
Così - ha detto Francesco - si continua a ad “incarnare il Vangelo in ogni angolo”
del pianeta in un modo “sempre nuovo”.
Relativismo e dignità della persona
In questo senso il compito del teologo è “di discernere”,
“riflettere” su cosa significhi essere un cristiano di oggi. Perché - spiega il Papa
- il cristiano di oggi in Argentina non è lo stesso di 100 anni fa e non lo è allo
stesso modo “in India, in Canada, a Roma”. Volgendo
lo sguardo in particolare alle sfide che affronta l’Argentina ha parlato di multiculturalismo,
relativismo e globalizzazione, che a volte “minimizzano” la dignità della persona
“rendendola un bene di scambio”. Ha ribadito la via del Vangelo, che “continua ad
essere presente per placare la sete” “del popolo” e che permette di allontanare due
grandi “tentazioni”: quella che condanna ogni cosa rifugiandosi “nel conservatorismo
o nel fondamentalismo” e quella che consacra tutte le novità, tutto ciò che ha un
"nuovo gusto", relativizzando “la saggezza”.
Dottrina e pastorale
In questo contesto – ha proseguito - lo studio della
teologia acquista un valore di primaria importanza”, ma ha chiarito che non può esistere
il concetto di mera “dottrina” “staccata dalla pastorale” e indicando i padri della
Chiesa come “Ireneo, Agostino, Basilio, Ambrogio” ha rimarcato che “sono stati grandi
teologi perché erano grandi pastori”. Quindi
è tornato a ribadire la necessità dell’incontro, con le famiglie, i poveri, gli afflitti,
le periferie, vie per una “migliore comprensione della fede”. “Una teologia che nasce
al suo interno - ha sottolineato - ha il sentore di una proposta che può essere bella,
ma non reale”. Le “domande del nostro popolo - ha aggiunto -, la loro angoscia, i
loro sogni, le loro lotte, le loro preoccupazioni hanno un valore ermeneutico", che
non "possiamo" ignorare.
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