2015-09-05 08:17:00

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nella 23.ma Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù guarisce un sordomuto. La gente, piena di stupore, dice:

“Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti”.

Su questo brano evangelico ascoltiamo il commento di don Ezechiele Pasotti:

Gesù viene dalla regione di Tiro, dove ha guarito la figlia della donna siro-fenicia, in pieno territorio della Decàpoli pagana dove i demoni  hanno libertà di torturare gli uomini e di sfigurarli, ed è in cammino verso la Galilea. Gli presentano un sordomuto “e lo pregano di imporgli la mano”. Sembra che non vogliano altro dal Signore, solo un gesto di compassione, una benedizione… Gesù invece prende Lui l’iniziativa per ridare a quest’uomo tutta la sua dignità. Lo prende in disparte, lontano dalla folla, a tu per tu, “gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: ‘Effatà’, cioè: ‘Apriti’”. Un insieme di gesti che ritroviamo nella prassi battesimale: è ciò che il battesimo realizza nella vita dell’uomo. Il sordomuto – che senza parola e senza ascolto rimane escluso dalla comunità, povero e solo, – rende bene la condizione dell’uomo senza Dio. Per quante cose uno possa avere, per quanto successo, per quante persone possa avere attorno…, tutto rimane attorno…, al di fuori di lui. Questo “Io” ha bisogno di un “Tu”, di una comunione sponsale. L’uomo, chiuso in se stesso per la sua profonda paura della morte, nella sua solitudine esistenziale, ha bisogno della parola di Cristo: “Apriti”, “Vieni alla luce”. Il battesimo è il dono di sé che Dio fa all’uomo, perché l’uomo esca dalla sua solitudine e dalla sua paura e diventi dono a Dio ed ai fratelli. L’Eucaristia viene a compiere questa parola: Dio si incontra con noi e noi troviamo i fratelli, la comunità cristiana, l’umanità intera.








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