2015-09-06 09:30:00

Capitolo Comboniani. P. González: Africa e mondo, ovunque apostoli


“Chiamati a vivere la gioia del Vangelo nel mondo di oggi”. Sarà questa la linea portante della riflessione che, a partire da questa domenica, orienterà il 18.mo Capitolo generale della Congregazione dei Missionari Comboniani. Al microfono di Alessandro De Carolis, il superiore generale dell’Istituto fondato da Daniele Comboni, padre Enrique Sánchez González, parla di questo evento che cade tra la fine dell’Anno della Vita consacrata e il prossimo Giubileo della Misericordia:

R. – Per il nostro Capitolo è un momento molto particolare, sia per la vita dell’istituto sia per la missione che portiamo avanti in quei Paesi in cui siamo presenti, in quei contesti dove la misericordia oggi è veramente una grande sfida, soprattutto in situazioni di violenza, di guerra, di persecuzione, dove tanti dei nostri missionari sono presenti. Allora, questi due forti momenti della vita della Chiesa ci interpellano e ci sfidano. Direi di più, stiamo cercando di riflettere e di vivere questo momento della vita dell’Istituto all’ascolto di tutto quello che Papa Francesco in questi ultimi mesi ci sta dicendo, provocandoci nel buon senso della parola. Per questo, abbiamo cercato di darci come tema del nostro Capitolo il diventare oggi discepoli, missionari Comboniani chiamati, a vivere la “gioia” del Vangelo.

D. – Voi siete missionari e quindi uomini delle periferie del mondo per definizione. Con le continue esortazioni a uscire verso il mondo e soprattutto verso gli emarginati delle società, Papa Francesco sprona tutti i cristiani a un esame di coscienza tra la fede “creduta” e la fede praticata ogni giorno. Come vivono i Comboniani questo richiamo?

R. – Sono convinto che non sia questione soltanto di partire geograficamente, perché si può andare dall’altra parte del mondo e rimanere con il cuore chiuso e con la mente chiusa e non scoprire il Dio che è presente in quelle periferie che noi giustamente siamo chiamati a visitare. Per noi, questo richiamo, questo invito del Papa è prima di tutto un appello forte, una conversione profonda a livello personale per – come dice il Papa – mettere al centro della nostra vita il Signore, fare un’esperienza di incontro con Lui per poterlo identificare, riconoscerlo nel volto di tante persone che vivono in queste periferie dove lui è crocifisso, martoriato, ignorato, scartato. Il vero ed unico missionario è Dio.

D. – La vostra Congregazione oggi è sparsa in vari continenti, ma la sua anima più profonda – quella del vostro fondatore Daniele Comboni – è, direi, “africana”. Come svolgete oggi la vostra missione in questo continente, dove peraltro anche il Papa tra circa due mesi sarà in visita?

R. – Per noi Comboniani, l’Africa è stata sempre prima di tutto la culla della nostra spiritualità, della nostra missione, del nostro apostolato. Noi siamo nati in Africa, per l’Africa e il nostro cuore – posso dirlo con molta sincerità e semplicità – è in Africa. Ma per Comboni l’Africa non è soltanto il continente o l’area geografica: è una realtà dell’umanità. Allora, in questo senso, quello che Comboni chiamava la “nigrizia” – la situazione di povertà, di urgenza missionaria al suo tempo – per noi Comboniani oggi questa realtà la troviamo anche in tante altre parti. Non solo, per dire, nelle piccole presenze che abbiamo a Macao, a Taiwan in Cina… C’è anche l’esperienza dell’Africa qui in Europa, in questo momento, con tutto quello che stiamo vivendo con i tanti fratelli e sorelle che arrivano in questo continente e vivono in situazioni veramente disperate.

D. – Quali opere hanno i Comboniani a sostegno di queste persone?

R. – Ad esempio, qui in Italia varie comunità stanno collaborando con la Caritas o con altri Istituti per aprire le porte. Poi, nella provincia di lingua tedesca siamo presenti in almeno tre luoghi nei quali si sta organizzando l’accoglienza dei migranti: a Graz, in Austria, poi nel ……. In Germania e …… dove collaboriamo con i centri di appoggio e di accoglienza. In altre province in Spagna, in Portogallo, in Inghilterra si fa un servizio di appoggio a persone che arrivano, che non hanno documenti. Si cerca di accompagnarli.

D. – Quali sono i suoi sentimenti, quelli del superiore generale dei Comboniani all’inizio del Capitolo generale?

R. – Nel cuore porto una grande fiducia, una grande speranza. Ho avuto la fortuna, in questi sei anni, di conoscere dall’interno e molto profondamente l’Istituto e la missione. Con grande soddisfazione posso dire che ci sono veramente esempi di grande santità, di grande impegno, di grande donazione missionaria, che mi fanno credere che questo Istituto possa ancora dare tanto alla Chiesa. Allora, provo una gioia profonda che mi fa vedere le prossime settimane come una benedizione per il futuro della missione.








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