2015-09-06 09:30:00

"Scuola del gratuito" per non lasciare nessuno indietro


Si conclude questa domenica a San Marino il Convegno nazionale della “Scuola del gratuito”: si tratta di una iniziativa promossa dall'Associazione Papa Giovanni XXIII, fondata da don Oreste Benzi, che porta avanti un progetto pedagogico che punta a non lasciare indietro nessuno. Alessandro Filippelli ne ha parlato con Giovanni Ramonda, responsabile generale dell'Associazione:

R. – La scuola del gratuito è stata un’intuizione del nostro carissimo don Oreste Benzi. E’ un progetto pedagogico che mette al centro il giovane, mette al centro anche la famiglia che diventa corresponsabile di questo percorso educativo, una famiglia attenta, una famiglia presente, in dialogo anche con la scuola, in dialogo con il corpo docente. E soprattutto è una pedagogia fondata sulla gratuità, cioè sulla scoperta dei talenti che ogni allievo ha: ognuno ha delle capacità, delle abilità, anche i ragazzi disabili, diversamente abili, con disturbi comportamentali, hanno competenze che vanno scoperte, che vanno sviluppate. Quindi una pedagogia non più fondata sul profitto. E questa è stata una scommessa che noi da anni portiamo avanti.

D. – Cosa intende per gratuità? Che cosa mette dentro questo concetto?

R. – La gratuità intesa come dono, cioè le mie abilità, i miei talenti, le mie competenze le metto a servizio anche degli altri. E mettendole al servizio, queste competenze si moltiplicano, cioè diventano ricchezza per tutti, quindi anche la scuola non è il luogo della competizione, dell’arrivismo, ma la scuola è il luogo dove si cresce insieme.

D. – Nell’ambito di questo progetto pedagogico attento alla persona, quanto incide il ruolo di partner educativo della famiglia?

R. - La famiglia ha un ruolo fondamentale. I primi educatori sono i genitori che collaborano con la scuola ma non possono più delegare. C’è una mentalità che purtroppo è abbastanza dominante nella cultura di oggi che delega tutto alla scuola ma poi critica la scuola. E la famiglia, i genitori, papà e mamma, sono i primi soggetti educativi. I bambini hanno bisogno di loro, hanno bisogno di sapere che ci sono anche i genitori che collaborano al loro sviluppo e alla loro crescita e che tifano per loro nel loro percorso scolastico.

D. – Questa è una scuola che non giudica con i voti. La vostra scuola è così e perché?

R. – Perché il voto può portare molto al confronto e a questo arrivare all’obiettivo di arrivare al top, di arrivare anche a scapito a volte di altri. No, noi vogliamo che invece ci sia un percorso fatto insieme, che ognuno parta dalle proprie capacità, dalle proprie competenze per crescere verso un punto di miglioramento. Quindi noi siamo più per dare conferme, dando nuove responsabilità agli studenti. Quando raggiungono degli obiettivi di far fare loro dei passi in avanti ma non determinati solo dal voto ma dal desiderio di partecipare di più, di sperimentare di più, di conoscere di più.

D.  – E’ possibile affermare che i vecchi schemi, quelli che premiano soltanto i più bravi, sono ribaltati, e gli ultimi, quelli che hanno più bisogno di aiuto sono messi al centro delle attenzioni della classe?

R. - Sì, perché un popolo, una famiglia una comunità educativa, come anche può essere la scuola, è tale se sa tenere il passo degli ultimi, dei più deboli, che non vuol dire non riconoscere le capacità di chi ha un’intelligenza brillante, una capacità di conoscere, di applicarsi al di sopra della media, ma è un camminare insieme, cioè è un concetto di scuola che prevede il noi prima dell’io. Allora, anche le eccellenze, inserite in questo noi, un domani che saranno nella società civile, sapranno lavorare e far crescere il bene comune, non solo il proprio tornaconto personale.








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