2015-09-07 13:32:00

Sako: bene accogliere migranti, ma serve soluzione stabile


Per la prima volta in Iraq, l’aviazione di Baghdad ha utilizzato gli F16 acquistati dagli Stati Uniti per attaccare i jihadisti dell’Is. Quindici i raid effettuati negli ultimi quattro giorni, ha indicato lo Stato maggiore iracheno, che avrebbero toccato le provincie di Salaheddin e di Kirkuk, a nord della capitale. Della situazione in Iraq, ma anche di quella in corso negli altri Paesi toccati dalla violenza del sedicente Stato islamico, si sta parlando in queste ore a Tirana, dove proseguono i lavori dell’Incontro internazionale “La pace è sempre possibile”, organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio. La nostra inviata a Tirana, Francesca Sabatinelli:

La violenza che scuote Iraq, Siria e Medio Oriente è uno choc. L’umanità non rimanga a guardare di fronte alle immagini che arrivano da quei Paesi. E’ dal palco inaugurale del meeting di Sant’Egidio che Sua Beatitudine Luis Rapahel Sako torna a ribadire che la soluzione di fronte a quanto accade può solo essere una vera cittadinanza comune, senza logiche tribali o settarie. Una possibilità attuabile a suo giudizio, già dimostrata dall’impegno che molti hanno assunto di fronte alla gravissima crisi umanitaria provocata dalla violenza, e il pensiero va al Kurdistan, che ha accolto un impressionante numero di rifugiati di tutte le religioni. Di fronte a ciò che accade in queste ore in Europa, attraversata da migliaia di persone in fuga dai loro Paesi, qual è il pensiero di Mons. Sako?

R. – Io ho paura di questo esodo, perché non è ben studiato. Questa gente va via, come va via? Chi sono? È vero che hanno delle difficoltà, ma perché non fare la pace, costruire la pace nei loro Paesi e rimanere lì? Perché andare via? Adesso loro vanno via, altri andranno via e dopo? C’è tutta una rottura con tutta la storia, la tradizione, perché è un’altra cultura, un’altra società, questa soluzione è provvisoria. Perché la comunità internazionale non fa qualcosa per una soluzione politica, per costruire la pace in questi Paesi? La gente va via, ma quelli che non possono che futuro hanno? C’è una solidarietà umana, la gente, anche quella semplice, accoglie queste famiglie nelle loro case, ma bisogna pensare: per quanto tempo sarà possibile? Un mese, due mesi, un anno e dopo? Loro tornano, non tornano? Ma c’è anche una responsabilità morale verso questi Paesi: perché la guerra, perché tutta questa violenza? È politicizzata! Perché non fare la pace? Bisogna educare la gente alla pace, è una questione di formazione. Così può durare! Questo Paese, in cui siamo, l’Albania, 30 anni fa, com’era? Adesso c’è una costituzione civile, secolare, tutti sono cittadini, c’è la coesistenza e tutto va bene. Lì, il problema è la formazione e la politica, non è economico, perché questi Paesi sono ricchi. Quindi, penso che la comunità internazionale abbia il compito di cercare una soluzione stabile per la pace in questi Paesi.

D. – Che tipo, però, di soluzione politica si dovrebbe adottare?

R. – La pace è un progetto. Tutti devono contribuire a costruire questa pace, non c’è altra soluzione. Perché anche questa gente, quando va in Germania, o in Francia, che cosa farà? È una cultura totalmente diversa. E’ gentile e generoso accogliere, ma penso che bisogna cercare soluzioni stabili. Questa gente ha case, lavoro, scuole, bambini... Tutto il futuro è fermo, è buio. E’ triste se l’Occidente o gli Stati Uniti volessero sconfiggere I’Is, potrebbero in una settimana, neanche una settimana.

Nel  frattempo, però, continuano fughe e persecuzioni, sotto gli occhi di tutto il mondo. Il destino di molte donne delle minoranze yazida e cristiana, è cosa tristemente nota,  è stato quello di essere rapite, torturate, stuprate, esibite e vendute come animali nel mercato dei miliziani dell’Is per poi divenire loro schiave sessuali. Khairi Bozani, presente a Tirana, è il Direttore generale del ministero degli Affari per gli yazidi del Kurdistan:

In questo momento quasi 400 mila yazidi si trovano fuori dalle loro case e vivono nei campi profughi, 5.800 ragazze yazide sono cadute nelle mani del sedicente Stato islamico, purtroppo. Finora, per fortuna, ne abbiamo fatte liberare 2.200, ma oggi ce ne sono ancora 3.800 e più sotto le mani dell’Is, che fa tutto quello che vuole con loro... Al momento, gli yazidi continuano a stare sotto le tende, a vivere come rifugiati, si trovano fuori dalle loro case, certo sono nel territorio del Kurdistan, ma il problema è che sono costretti a vivere sotto i tendoni quando fuori è freddo e quando è caldo. Provate a immaginare come sia la vita di una famiglia che vive sotto una tenda. Dobbiamo fare una dichiarazione da qui: tutti gli aiuti umanitari inviati dalle Nazioni Unite e dai diversi Paesi non riescono a soddisfare i nostri bisogni: sono veramente, veramente, pochi! E non siamo neanche contenti di come ci arrivano e della maniera in cui vengono spartiti e suddivisi.








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