2015-09-09 12:52:00

Convegno ecumenico di Bose su "Misericordia e perdono"


Fin dal settembre dello scorso anno, la Comunità monastica di Bose aveva deciso di dedicare al tema "Misericordia e perdono" il XXIII Convegno Ecumenico Internazionale di Spiritualità Ortodossa, che si apre oggi presso il monastero piemontese e prosegue fino al 12 settembre. Papa Francesco, nel suo messaggio augurale ai convegnisti, pervenuto tramite il card. Pietro Parolin, Segretario di Stato, ricorda che “la misericordia è la grande luce di amore e tenerezza di Dio che porta in sé il perdono”. Tra i relatori rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse, della Chiesa cattolica, della Chiesa d’Inghilterra e delle Chiese della Riforma, biblisti, patrologi e teologi. Al microfono di Fabio Colagrande, ascoltiamo Enzo Bianchi, Priore di Bose.

R. – Crediamo che la misericordia sia davvero il dono più grande e indispensabile: l’unica cosa che è veramente necessaria agli uomini, ai cristiani e alla Chiesa. E quindi abbiamo voluto che questa misericordia non restasse semplicemente qualcosa che meditano i cattolici, ma fosse aperta alle altre confessioni, in modo che ci sia davvero una meditazione su questo tema – una ricerca – anche tra gli ortodossi e i protestanti. Ed è per questo che c’è già stato un incontro con le Chiese della Riforma, mentre questo sarà essenzialmente con le Chiese ortodosse: una quarantina di vescovi ortodossi saranno presenti. E l’impegno che abbiamo chiesto è che poi questo tema si allarghi all’interno delle Chiese, e non resti solo il tema di un convegno ecumenico.

D. – Quale dimensione del perdono cristiano può essere riscoperta attraverso lo studio della scrittura, degli scritti dei Padri, della tradizione monastica?

R. – Soprattutto la dimensione che la misericordia non ha confini, che il “settanta volte sette” che ha chiesto Gesù è qualcosa da applicarsi sempre: la Chiesa stessa non sempre è riuscita ad essere all’altezza di questa infinita misericordia di Dio annunciata in Gesù. E questo credo che sia importante: non c’è passato sul quale non vinca la misericordia di Dio, e questo dobbiamo assolutamente impararlo. E poi in questo momento è importante leggere anche l’espressione evangelica: fare misericordia come un aiuto concreto – quotidiano – verso chi soffre,  chi è ultimo, chi è vittima e chi è povero. Queste due dimensioni tolgono l’individualismo a questa virtù, e la rendono una virtù nella storia concreta: questo è davvero necessario per noi e per tutte le Chiese.

D. – Verrà esaminato durante il convegno anche il tema del perdono tra le Chiese: le Chiese ortodosse e la Chiesa di Roma…

R. – La Chiesa cattolica già dal 2000 si è messa su questo cammino con la Liturgia del Perdono fatta da San Giovanni Paolo II, perdono che poi lui ha chiesto in varie occasioni; perdono che aveva già chiesto Papa Paolo VI; perdono che la Chiesa continua a chiedere anche recentemente, come ha fatto Papa Francesco ai valdesi. Si attenderebbe anche, ma senza pretesa – in piena umiltà – che anche le altre Chiese chiedessero perdono reciprocamente, perché il perdono deve essere dato da una sola parte, perché il Vangelo ci chiede la gratuità e non vuole che ci sia il contraccambio. Però, ogni Chiesa deve applicare a sé questa responsabilità del perdono, e noi avremmo bisogno che alcune di queste, certamente ferite, avessero anche loro la forza di chiedere perdono, perché anche loro sovente hanno commesso il male o hanno difeso la verità con metodi non evangelici. Quindi non ci sono delle Chiese colpevoli e delle altre solo vittime: sovente anche quelle che sono state vittime poi hanno praticato la vendetta - la rivalsa - o su altri hanno esercitato violenza. Il perdono deve essere davvero reciproco, di tutti i figli di Dio: un perdono al Signore, un perdono reciproco tra noi che ancora viviamo come Chiesa militante sulla terra.








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