2015-09-12 11:36:00

Mostra Cinema Venezia: assegnati premi di ispirazione cattolica


Si conclude, questa sera, la Mostra del Cinema di Venezia. Mentre si attendono i verdetti delle Giurie per l'assegnazione dei Leoni, sono stati consegnati questa mattina i premi di ispirazione cattolica e interreligiosa. Dal nostro inviato a Venezia Luca Pellegrini:

La Cina del lavoro e dello sfruttamento che aggredisce uomo e natura; l'innocenza che vince l'ipocrisia parlando il linguaggio universale dell'amore; la terza età come momento di coesione sociale. Nei premi di ispirazione cattolica consegnati oggi alla Mostra del Cinema di Venezia si guarda all'umanità: tre film che parlano con forza allo spettatore. La Giuria del Signis ha deciso di assegnare il suo riconoscimento a un film cinese di potente visionarietà e impressionante costruzione cinematografica, "Behemoth" di Zhao Liang, perché - precisa la motivazione - "sgorga come una preghiera dalla profondità dell’anima di un artista che parla delle sofferenze di coloro che sono senza nome". Massimo Giraldi sintetizza la scelta della giuria cui ha partecipato:

R. - Molti film che abbiamo visto in questi 12 giorni di Mostra ci hanno certamente interrogato su molti versanti. Abbiamo visto delle opere interessanti e innovative, che soprattutto ci hanno fatto conoscere luoghi del mondo inediti. Ma sul versante opposto abbiamo anche visto film che ci hanno lasciato molto perplessi perché anche a livello cinematografico mostravano carenze. Certamente quest’anno, come d’altra parte il direttore Barbera aveva detto in sede di conferenza stampa, è un’annata un po’ così, a corrente alternata, come molte annate cinematografiche.

D. – E per quanto riguarda dunque la scelta finale del Signis?

R. – In chiusura di Mostra abbiamo visto il film cinese che è un documentario talmente bello e talmente particolare che alla fine ha indotto la giuria all’unanimità ad assegnare proprio a questo film un premio importante, il premio Signis 2015. E’ un film secco, un film lucido, un film che fotografa una Mongolia per noi e per molti di noi inedita e che sta totalmente dalla parte di questi uomini e donne che lavorano abbandonati a se stessi, dando quasi l’idea di un mondo a parte che viene svelato a poco a poco e che soprattutto sta vicino ai dolori e alle sofferenze di questo gruppo di lavoratori. Però c’è una voce fuori campo che commenta quello che si vede e che poi circonda il film di una dimensione anche poetica, addirittura, finendo per citare anche dei brani della Divina Commedia di Dante Alighieri e poi facendo molti riferimenti anche di tipo religioso al Paradiso, all’Inferno. Quindi un film di grandi contenuti anche filosofici e non solo sociali perché è anche una sorta di denuncia forte contro quei governi che si danno da fare per smembrare, per cambiare la natura. E’ certamente un atteggiamento che si fa un po’ strettamente all’ultima Enciclica del Papa sulla bellezza del Creato, perché noi vediamo veramente questi lavoratori che attraverso le bombe buttano giù una montagna e costruiscono dei palazzoni, dei grattacieli enormi che significano un totale cambiamento che non è solo del panorama in sé ma diventa un cambiamento di chi ci vive e quindi un cambiamento forzato, non naturale. Non è un film ideologico, è un film che sta dalla parte dell’essere umano, dell’uomo, della donna che lavorano abbandonati a se stessi e questo film riesce a riportarli in primo piano, in una dimensione che non può non coinvolgerci tutti, non solo chi è in Cina ma anche nel resto del mondo.

Il Premio Padre Nazareno Taddei, istituito in memoria del gesuita studioso di cinema è andato allo splendido "Marguerite" del francese Xavier Giannoli. E' Anselma Dell'Olio, presidente della giuria, che - ai nostri microfoni - spiega come si è arrivati a questa decisione:

R. – Quest’anno il concorso, in generale, non era di primissima qualità. In particolare ho trovato molto bello “Francofonia” di Aleksandr Sokurov, che è una meditazione sull’arte, sulla conservazione dell’arte, sull’Occidente, sulla cristianità indifesa che a me è piaciuto molto. Mi è piaciuto molto anche “Heart of a dog” di Laurie Anderson, davvero un bellissimo film, di una grandissima artista, diciamo d’avanguardia però mai noiosa. E’ un film impregnato di valori, quelli che stanno a cuore al Premio Taddei. Ma sono stata molto felice per la scelta di “Marguerite” perché ha preso il personaggio e lo ha reinventato, credo… Racconta di una donna molto ricca che adora il bel canto, che pensa di essere un soprano di coloratura e che invece è totalmente stonata, e nessuno ha il coraggio di dirglielo. Però questa donna, che è generosissima, che è stratradita dal marito, che ha amanti, non è mai amareggiata, guarda il mondo sempre con occhi innocenti ed è generosissima. Una donna piena di amore, fino al punto che riconquista il suo stesso marito e questa è proprio la costruzione di  Giannoli, del regista, di un personaggio che poteva essere un personaggio molto negativo: una donna molto ricca, che pensa di essere una brava cantante e non lo è… invece no, è sempre una donna che guarda il mondo con occhi innocenti, fino al punto di conquistare anche i cinici e quelli che la vorrebbero deridere. E’ piena di amore.

Poi c'è il Premio “Civitas Vitae" che viene assegnato a un regista o interprete capace di veicolare un'immagine al di fuori degli schemi della longevità. Sui lavori della Giuria e l'assegnazione ce ne parla uno dei giurati, il critico Federico Pontiggia:

R. – Un concorso, quello di Venezia, che quest’anno non ha in realtà offerto tante figure di anziani, tante figure di longevità, in particolar modo una longevità ancora attiva, ancora propositiva. L’unico titolo del concorso in questo senso è stato “Remember”, di Atom Egoyan con uno straordinario Christopher Plummer purtroppo senza però un ruolo all’altezza perché credo che sull’Olocausto veramente bisogna riflettere un po’ di più, non si possa fare un thriller così scanzonato. Proprio per questo motivo, il Premio "Civitas vitae" quest’anno va a “Pecore in erba” di Alberto Caviglia, un titolo in concorso ad Orizzonti, un’opera prima di cui abbiamo apprezzato la fusione, la sincronia e la sinergia tra il mockumentary - un genere poco diffuso in Italia, ovvero il falso documentario - e il paradosso. Il protagonista è un antisemita quasi per elezione, che scompare. Viene costruito un falso documentario su questa falsa scomparsa e questo falso documentario ci aiuta a capire quali siano i falsi problemi. Gli ebrei non sono un problema per la società, per quella italiana, per quella occidentale, e questo schema, questo meccanismo, questo ribaltamento degli stereotipi ci è sembrato anche in sé uno strumento utilissimo affinché il cinema, arte ultracentenaria, possa appropriarsi anche di questi schemi per abbatterne degli altri. Come gli ebrei non sono un problema, così gli anziani non sono un problema. “Pecore in erba” da questo punto di vista è un film che sa osare, un film che fa del cinema, questo ultracentenario, una risorsa di coesione sociale. Il Premio "Civitas vitae" vuole rendere la longevità una coesione sociale, quindi un titolo che si attagliava perfettamente.

Da ricordare, inoltre, il Premio Interfilm assegnato dall'Associazione Internazionale Protestante Cinema al film che meglio riesca a promuovere il dialogo interreligioso e che quest'anno ha scelto l'iraniano "Wednesday, May 9" di Vahid Jalilvand. Recita la motivazione: "Con la sua supplica per la compassione, la carità e l'altruismo sullo sfondo della cultura islamica, il film mostra l'universalità dei valori umani e incoraggia il dialogo interreligioso partendo dalle questioni etiche e non dogmatiche". Mentre a "Non essere cattivo" del compianto Claudio Caligari è andato il Premio Gianni Astrei dell’Associazione Fiuggi Family Festival che lo ha riconosciuto, come è scritto nella motivazione, di essere "un film vero e duro che racconta la periferia con uno sguardo pieno di rispetto senza compiacersi del male e senza abusare della tenerezza che una giovane vita, morente o nascente, può generare". Infine, il Premio Bianchi del Sindacato Giornalisti Cinematografici è stato consegnato a Ermanno Olmi per l'ultimo suo film, "Torneranno i parti". Laura Delli Colli ne ha ricordato la "carriera dedicata con rigore, coerenza, semplicità e grande passione, un regista che più ha saputo raccontare i valori autentici ed essenziali di una poetica come lezione di vita, un poeta del cinema che più arriva al cuore dei suoi spettatori, oltreché alla gioia degli occhi di chi gode della sua semplicità unica".








All the contents on this site are copyrighted ©.